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Infertilità femminile: in quali casi si può curare

L’infertilità femminile ha una molteplicità di cause, meccaniche, ormonali e psicologiche di cui spesso abbiamo sentito parlare, ma la domanda alla quale vogliamo rispondere è quella che più sta a cuore ad una donna cui venga diagnosticata una infertilità, e cioè come si può curare. Dobbiamo già fare una distinzione tra infertilità e sterilità in quanto quest’ultima rappresenta una condizione irreversibile di impossibilità a generare, mentre l’infertilità ha una rosa di approcci terapeutici a seconda dei casi e diverse percentuali di successo.

Un esempio di sterilità assoluta è rappresentata da alcune sindromi genetiche (come ad esempio la sindrome di Turner) che non permette il corretto sviluppo del sistema riproduttivo e dove pertanto c’è una assenza totale di mestruazioni e di produzione di follicoli. O, addirittura, la sindrome di Rokitansky, dove c’è agenesia di vagina e utero, cioè una totale assenza di questi organi. Salvo questi casi di gravi malformazioni dell’apparato genitale, e ovviamente la menopausa precoce, la medicina sta facendo passi da gigante nella diagnosi e cura di infertilità da cause più comuni. Ecco ad esempio alcuni dei casi in cui le terapie farmacologiche o chirurgiche danno dei buoni risultati.

Ostruzione tubarica. La cosìdetta “chiusura” di una o entrambe le tube avviene solitamente a seguito di processi infettivi a carico degli organi pelvici. Nella maggior parte dei casi questi aderenze possono essere scisse grazie alla chirurgia laparoscopica. Nei casi più gravi invece si procede all’inseminazione artificiale, superando così il passaggio obbligato nelle tube che avviene invece nella fecondazione naturale. In ogni caso, anche quando non è possibile guarire dall’ostruzione tubarica, è comunque possibile con l’inseminazione intrauterina, riuscire ad ottenere una gravidanza e portarla a termine.

Anovulazione. L’assenza di ovulazione è più comune di quanto si pensi. È causata spesso da uno squilibrio ormonale come avviene nella sindrome dell’ovaio micropolicistico, nell’ipopituitarismo e nelle carenze ipofisarie di GNRh. In questo caso le terapie ormononali sostitutive e una dieta corretta possono dare buoni risultati e portare ad una ovulazione e fecondazione naturale con rapporti mirati. In caso contrario, le vie artificiali prevedono che dopo induzione farmacologica dell’ovulazione si proceda al prelievo di un ovocita e alla sua fecondazione in vitro, per poi rimettere l’embrione direttamente in utero.

Deficit luteale. Anche nel caso in cui si registri un deficit di progesterone prodotto dal corpo luteo, la terapia consiste nella somministrazione di progesterone allo scopo di mantenere l’avvenuta fecondazione.

Infertilità immunologica femminile. Un’altra causa di infertilità è la presenza di anticorpi anti-spermatozoi che si formano nel muco cervicale della donna al primo contatto con essi. In questi casi si può essere fortunati quando gli anticorpi si formano solo nel muco cervicale e riuscire quindi con una FIVET o IUI ad ottenere e portare a termine una gravidanza. Altre volte però capita che la formazione di anticorpi avvenga anche nel circolo ematico ed in questo caso la percentuale di aborti è molto alta. Si può allora procedere con dei farmaci immunosopressori come i cortisonici, oggi sempre meno utilizzati a causa dei loro numerosi effetti collaterali.

Sindrome di Asherman. Questa patologia è caratterizzata dalla presenza di aderenze nella mucosa uterina e da una impossibilità di annidamento per il prodotto del concepimento. La mucosa uterina diviene aderenziale e atrofica in genere a seguito di interventi diretti sull’utero come raschiamenti per interruzione volontaria di gravidanza. La terapia in questi casi prevede una escissione chirurgica delle aderenze tramite isteroscopia e una terapia a base di ormoni e rivascolarizzazione dell’utero per ripristinare una corretto sviluppo della mucosa uterina.