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Conservazione del sangue cordonale: differenze tra uso autologo ed eterologo

Il sangue del cordone ombelicale è ricco di cellule staminali, cioè di quelle cellule non ancora specializzate in un ruolo determinato, quindi adattabili nel riparare diversi tessuti. Le cellule staminali, in sostanza, sono un po’ come dei jolly in un mazzo di carte che all’occorrenza possono diventare tutto. Per questo motivo questi straordinari “pezzi di ricambio” destano particolare interesse nell’ambito della ricerca medica, sempre impegnata in studi clinici sulle nuove possibili applicazioni terapeutiche. Ad oggi sappiamo per certo che questo cellule sono in grado di curare vari tipi di tumori e patologie del sangue e provvedono alla riparazione tessutale in caso trattamento chemioterapico.

Una tale risorsa quindi è potenzialmente nelle mani di tutti i bambini in procinto di nascere, perché se opportunamente conservate queste cellule potrebbero essere la cura definitiva per eventuali patologie che potrebbero insorgere nell’infanzia stessa o in età adulta, nel bambino o nei loro familiari più prossimi. In Italia però esistono solo banche pubbliche alle quali è possibile donare il sangue del cordone ombelicale per uso eterologo. Vale a dire che il campione di cellule e non potrà essere utilizzato per uso proprio, ma verrà donato alla ricerca in forma anonima o messo a disposizione per i pazienti in lista d’attesa che necessitino di trapianti o altre terapie staminali.

Donando ad una banca pubblica, qualora dovesse essere il donatore stesso o un suo diretto familiare ad averne bisogno la banca cercherà un campione di cellule staminali compatibili tra quelle donate. Le probabilità che il paziente donatore reperisca il suo stesso campione sono pressappoco nulle perchè per ragioni logistiche si utilizzano via via i campioni congelati da più tempo per evitare che “scadano”. Difatti l’efficacia della coservazione è stata testata per 20 anni. Il problema di questa gestione italiana delle staminali quindi, sta nella probabilità effettiva di trovare cellule compatibili con il paziente che le ha donate e si trova suo malgrado a richiederle. Si calcoli che già tra familiari stretti questa compatibilità è pari solo al 25%.

In Italia se si vuole conservare le cellule staminali del cordone per uso autologo, cioè per curare tuo figlio stesso, te o la tua famiglia hai solo due possibilità. La prima riguarda la richiesta di conservazione finalizzata ad uso autologo nelle banche pubbliche.

Questa richiesta viene approvata solo se in famiglia c’è un alto rischio genetico (documentati da specifiche analisi) per lo sviluppo di determinate patologie che possono essere curate dalla staminali. Il limite però è che in questi stessi casi, l’uso autologo delle staminali non ha lo stesso valore. Difatti se si sviluppa un tumore legato ad una mutazione genetica e ad ammalarsi è il donatore stesso, il difetto genetico sarà presente anche nelle cellule staminali donate, quindi reimpiantarle non ha alcun senso terapeutico. Se invece ad ammalarsi è un genitore o un fratello del donatore (e le cellule staminali del cordone invece risultino sane) potrebbero essere utilizzate per il familiare, ma solo a patto che ci sia compatibilità (25% di probabilità).

La seconda possibilità per poter utilizzare in modo autologo le cellule staminali, e possiamo dire a conti fatti quella più sensata, è conservarle a pagamento nelle banche private di conservazione delle cellule staminali. Queste banche operano anche in Italia ma sono tutte situate all’estero, le più vicine si trovano nella Svizzera Italiana. Il prelievo avviene quindi in Italia al momento del parto, ad opera del personale di sala parto e il campione viene conservato in un kit che fornisce la banca stessa per posta.

Dopodiché un corriere dedicato passa a prendere il kit e lo trasporta al laboratorio della banca, dove le cellule vengono conservate in criocongelazione per 20 anni e rilasciate al donatore in caso di bisogno per lui o per i suoi familiari.