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Parto distocico

Parto distocico: che cos’è?

Cosa sono le distocie? Per distocia si intende una condizione che comporta un’alterazione della normale meccanica e dinamica del parto, con una compromissione dell’armonica interazione fra tutti i tre fattori del parto e cioè: il canale, il corpo mobile e la forza (le contrazioni).

Le distocie della forza sono quelle definite dinamiche, in quanto esistono delle anomalie della contrazione uterina che si possono verificare sia in eccesso (ipercinesia), sia in difetto (ipocinesia) o in senso discinetico (discinesia).

Quindi possiamo avere un’iperattività dell’utero che si contrae troppo o troppo forte, con contrazioniintense e dolorose, con una durata superiore alla norma (dal ritmo incalzante e pause brevissime). La scarsa contrattilità uterina invece è il caso in cui la forza è poco efficace e il travaglio si allunga notevolmente, viste le contrazioni inefficienti,rare e con dolore lieve, senza un avanzamento opportuno della dilatazione. Invece si presenta la discinesia nel momento in cui si verifica una contrattilità non armonica di vari segmenti dell’utero. ed è in questo caso che si formano degli anelli di contrattura che riguardano o il corpo uterino o l’orifizio cervicale.

Esistono anche delle distocie riguardanti il canale del parto, sulla base del bacino definito viziato, ad esempio, e che quindi non consente la progressione del feto nel momento del parto. Inoltre, un feto macrosomico, quindi grande per l’età gestazionale, può essere un ostacolo per il parto fisiologico e soprattutto è rinomata la cosiddetta distocia di spalla. La distocia di spalla la situazione in cui al momento della fuoriuscita della testa non si verifica il disimpegno della spalla e per questo motivo devono essere applicate, da parte dell’ostetrica o dell’operatore presente in sala parto, una serie di manovre che possono risolvere questo problema.

Parto eutocico

Il parto eutocico invece è un parto fisiologico (o parto normale) in cui non si verificano tutti questi problemi o queste difficoltà, ma tutto si verifica con tranquillità senza particolari interventi da parte di operatori sanitari, visto che la progressione e l’espulsione del bambino avvengono normalmente ed in modo fisiologico.

Parto

Il corpo della mamma è preparato per la nascita del proprio bimbo, grazie ad ormoni prodotti dalla ghiandola ipofisaria, dell’ovaio e la placenta. Il periodo di gestazione dalla fecondazione alla nascita è di solito circa 40 settimane. Il parto richiede diverse ore e ha tre fasi. La prima fase inizia con una serie di contrazioni delle pareti muscolari dell’utero e con la dilatazione della cervice uterina. La fase attiva inizia quando la cervice è dilatata circa 4-5 cm di diametro ed è quando le contrazioni diventano forti e regolari.

La testa (o le natiche in un parto podalico) del bambino viene spinta contro il collo dell’ utero, che si dilata progressivamente ai 10 cm. Può avvenire anche la rottura delle membrane, meglio conosciuta come la rottura delle acque. Nella seconda fase, le forti contrazioni dell’utero e le spinte materne spingono il bambino attraverso la vagina, fino all’ espulsione totale del bambino. Nella terza fase, dopo la nascita del bambino, ulteriori contrazioni espellono placenta, sacco amniotico, e la parte restante del cordone ombelicale solito entro pochi minuti.

parto distocico

Contrazioni parto

Ma cosa sono le contrazioni? La contrazione è il cambiamento che coinvolge il miometrio e cioè del muscolo dell’utero ed è involontaria, peristaltica ed intermittente. La contrazione dipende dal rilascio di ossitocina, che viene captata dai recettori dell’utero e da questo ne deriva anche una sensazione dolorosa. In realtà esistono diversi tipi di contrazioni: da quelle gravidiche a quelle del travaglio e parto, da quelle del secondamento fino a quelle presenti in tutte le fasi del puerperio, anche grazie all’allattamento che stimola ulteriormente il rilascio di ossitocina.

Dolori parto

La percezione e la reazione al dolore dipendono da svariati fattori: paura, ansia, personalità, aspettative, fattori culturali e sociali, stanchezza. Il dolore origina dalle terminazioni nervose che si trovano nella sede di un’eventuale trauma. Il dolore provato dalla donna in travaglio naturalmente è causato dalla contrattilità uterina, dalla dilatazione del collo dell’ utero e proprio nelle ultime fasi del travaglio attivo e nella fase espulsiva, la sensazione dolorosa dipende dalla distensione della vagina e dei muscoli perineali. Questi stimoli sono trasmessi attraverso diversi fasci nervosi: toracici, lombari e sacriali e attraverso il nervo pudendo. È per questo che è importantissimo garantire una preparazione al travaglio con opportuni corsi pre-parto, offrendo informazioni complete, riducendo l’ansia e incontrando precocemente il personale e visitando il luogo in cui avverrà il parto. La riduzione del dolore e della percezione del dolore in travaglio dipende dall’ambiente esterno, da un partner che aiuti, dalla mobilità concessa, dalle tecniche di rilassamento utilizzate, da conversazioni intraprese e dalle l’incoraggiamento di chi sta accanto, ostetrica in primo luogo. Utilizzare il massaggio e le posizione libere sono le prime regole per avere una percezione ridotta del dolore attraverso vie naturali. Naturalmente per la percezione del dolore eccessiva possono essere proposte e richieste forme di analgesia e riduzione del dolore: dalla famosa epidurale fino anche a metodi meno utilizzati, come l’ analgesia inalatoria.

Induzione parto

L’induzione del parto può essere effettuata farmacologicamente con la somministrazione di prostaglandine (sia attraverso dispositivi vaginali, sia attraverso dei semplici gel) oppure può essere effettuata con un catetere inserito all’interno del collo dell’utero e gonfiato, in modo stimolare meccanicamente il collo dell’utero e favorire la dilatazione cervicale senza l’intervento di farmaci. L’induzione del parto può avvenire a diverse settimane gravidanza, a partire dalla 37esima e naturalmente se e solo se si presentino le condizioni necessarie e descritte dalle linee guida che affrontano tale tematica.

Qual è la durata del parto indotto? Questa non differisce molto dalla durata del parto ottenuto naturalmente e la percezione dolorosa è la stessa, solo che potrebbero esserci più eventi avversi, correlabili proprio all’ utilizzo di metodiche farmacologiche e che quindi richiedono maggiori controlli (come auscultazione continua del battito cardiaco fetale) in travaglio attivo.

Forcipe

Il parto con il forcipe consiste nell’estrazione del feto attraverso l’uso di uno strumento, appunto chiamato forcipe ostetrico, in disuso e sconsigliato nelle realtà odierne. Il forcipe viene utilizzato solo nel caso in cui è impossibile completare il parto per diverse motivazioni. Una volta i parti con il forcipe venivano effettuati anche nei casi in cui la testa fetale si trovava ancora distante dalla fuoriuscita dal canale del parto, mentre i casi estremi in cui viene utilizzato oggi riguardano esclusivamente le situazioni in cui la testa fetale sta per uscire, quindi è prossima al piano perineale. Quindi è raro che oggi venga utilizzato un forcipe, anche perché questa metodica viene utilizzata esclusivamente in condizioni estreme e solo da mani esperte.