E’ normale non avere nausea alla settima settimana di gravidanza?

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E’ luogo comune credere che la nausea sia un segno certo di gravidanza. Eppure non è così. La nausea in gravidanza, accompagnata da conati di vomito è clinicamente definita emesi gravidica ed è una risposta parafisiologica del sistema neurovegetativo che avviene frequentemente ma non in tutte le gravidanze.

Si tratta di una reazione psicosomatica, una sorta di “protesta” dell’organismo, le cui cause sono sicuramente associabili ad uno sfondo ansioso e sono peggiorate dagli ormoni della gravidanza che determinano la riduzione della motilità gastrica.

Altre cause che sono state ipotizzate negli anni sono associabili a particolari proteine secrete dall’embrione che potrebbero determinare reazioni simil-allergiche, oppure all’incremento delle BetaHCg.

Infatti si è osservato che l’emesi peggiora nei periodi in cui c’è la più elevata produzione di BetaHCG, ossia tra la quinta e la sesta-settimana e tra la decima e la tredicesima. Così come nelle gravidanze gemellari e nelle mole idatiformi, tumori del trofoblasto che produco un’elevata quantità di BetaHCG.

Tuttavia si è anche osservato che in molte donne con emesi gravidica l’escrezione di BhCG nelle urine era addirittura inferiore alla norma, e quindi il ruolo di questo ormone su questo disturbo è tutt’oggi discusso.

A volte all’emesi gravidica si associa l’abbondante salivazione definita scialorrea, non per un effettivo aumento della sua produzione, ma per un suo accumulo, dovuto all’impossibilità di una corretta deglutizione nelle donne con emesi.

L’emesi gravidica si manifesta nel 50-60% delle gravidanze e una volta escluse altre possibili cause patologiche, non deve destare preoccupazione e non necessita di trattamento farmacologico. Per alleviare il fastidio può essere utile utilizzare un po’ di zenzero assunto come radice secca in una dose di 250 mg per 4 volte al giorno per 4 giorni. Anche l’agopuntura in questi casi è dimostrata essere di grande giovamento.

Se l’emesi diventa insistente e si prolunga oltre le 14 settimane, impedendo l’alimentazione e idratazione, in tal caso si parla di iperemesi e sono necessarie altre indagini e un trattamento specifico, talvolta associato nei casi più gravi alla nutrizione parenterale.