Amniocentesi sì o no? I rischi

L’amniocentesi comporta dei rischi. Questa tecnica invasiva non è apprezzata dall’organismo né dal feto e 5 amniocentesi su 100 esitano in aborto. Le cause sono da attribuirsi sopratutto ad infezioni latenti che si riattivano dopo il trauma del prelievo e che provocano la rottura delle membrane amniotiche. Allora farla o non farla potrebbe essere determinante per il benessere della gravidanza stessa, ed è una scelta da non prendere con leggerezza.

L’amniocentesi consiste nel prelievo di cellule fetali presenti nel liquido amniotico. L’analisi dei cromosomi di queste cellule permetterà di fare diagnosi su determinate patologie fetali, tra cui anche le sindromi cromosomiche come quella di Down o di Turner. L’aumento dell’età di concepimento e la paura di tutti i genitori di avere figli con trisomie ha condotto negli ultimi anni ad un aumento esponenziale di diagnosi prenatale.

Le tecniche inoltre si sono affinate nella villocentesi e nella attualissima superamniocentesi. Tuttavia, prima di affrontare una di queste, tutte le donne dovrebbero essere informate dei rischi che si corrono. È ancora alta la percentuale di abortività legata all’amniocentesi. Si stima che circa il 5% di amniocentesi termni in aborto anche di feti perfettamente sani.

Per questo motivo è essenziale da parte del medico e dei genitori stessi una attenta valutazione rischi-benefici. L’indicazione medica all’utilizzo di questa tecnica si presenta solo nel caso in cui il rischio di avere un figlio affetto da sindrome trisomica sia più alto del rischio di aborto legato alla tecnica diagnostica stessa. Pertanto oggi viene consigliata solo alle donne “a rischio” che presentano valori alterati al Bi-test o a chi abbia già in famiglia dei casi di trisomia. Per fortuna infatti i test su sangue materno stanno diventano sempre più sensibili e sofisticati.

Un rischio di cui non si parla spesso legato all’amniocentesi è quello di incappare in falsi positivi o falsi negativi. Esistono il cosidetto mosaicismo, fenomeno genetico nel quale non tutte le cellule dell’organismo fetale sono trisomiche. Vale a dire che in alcune il patrimonio cromosomico è perfettamente sano e in altre è presente la trisomia. La malattia c’è ma non è in forma conclamata, e solo negli anni si potrà capire in che percentuale si manifesterà. Potrebbe essere lievissima tanto da non rendersene conto, come più accentuata.

Al prelievo amniotico si possono prelevare cellule sane e il referto sarà allora tranquillizzante, omettendo totalmente la possibilità di mosaicismo. Viceversa possono essere raccolte per caso solo cellule trisomiche e ai genitori verrà riferita una trisomia conclamata che effettivamente poi non è.

Insomma nonostante i progressi della diagnosi prenatale pare che qualcosa sfugga inesorabilmente al controllo di noi esseri umani. La scelta del farla o non farla rimane strettamente personale, ma l’unico consiglio che si può dare è quello di evitarla se si è fortemente contrari all’aborto, perchè in quel caso non avrebbe senso alcuno correre dei rischi inutili.