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Test combinato o amniocentesi? Quali sono le differenze

Sempre più donne intraprendono la maternità dopo i 35 anni. Sebbene diventare mamma in un’epoca adulta e consapevole può avere dei meravigliosi vantaggi, come tutti sanno l’età è uno dei primi fattori di rischio per le malattie cromosomiche, in particolare per la sindrome di Down. Si stima che a 30 anni la probabilità di avere un feto affetto sia 1 su 1000, ma sale vertiginosamente a 1 su 50 a 40 anni e a 1 su 25 a 45 anni.

Tutti questi calcoli circa l’età della donna hanno portato quasi tutte a scegliere a priori l’amniocentesi negli ultimi anni, anche senza una reale necessità, vale a dire in assenza di ulteriori fattori di rischio. Come tutti sanno amniocentesi e villocentesi sono tecniche invasive con una percentuale di abortività del 1-2%, e che quindi sono associate ad un rischio di perdere un bambino sano in un caso su 100.

Tuttavia non si può biasimare la volontà di un genitore di conoscere lo stato di salute del figlio che porta in grembo, anche solo per prepararsi psicologicamente ad affrontare una qualunque scelta. Per questo motivo si è sentita la necessità di creare un test semplice economico e non invasivo che permetta di fare una stima del rischio in tutte le gravidanze, per capire se sia il caso o meno di allarmarsi ed effettuare una amniocentesi. A questo scopo è nato il duo-test, o test combinato, che consiste in un prelievo ematico e in una ecografia.

Il prelievo ematico va a valutare il rapporto tra l’ormone BhCg e una proteina fetale, la proteina PAPP-A. In presenza di Sindrome di Down infatti la proteina fetale tende a diminuire e l’ormone Bhcg ad aumentare in modo inversamente proporzionale. L’ecografia invece chiamata translucenza nucale andrà a misurare lo spessore della plica nucale del feto, che nella sindrome di Down è solitamente aumentato a più di 2,5 mm.

Trovare questi parametri nella norma già permette di fare una prima scrematura, tranquillizzando i genitori sull’improbabilità che loro figlio sia malato e permettendo di stimare un rischio in base ai risultati delle analisi e a d altri fattori quali l’età e l’eventuale familiarità per malattie genetiche e cromosomiche. Tutti questi dati vengono quindi inseriti in un calcolatore automatico che darà come risultato finale un numero statistico, ad esempio 1:1.5000. Questo numero significa che con quei parametri analizzati statisticamente è molto improbabile che un feto sia malato, e precisamente la probabilità è 1 su 1.5000, quindi estremamente bassa.

In questi casi, definiti a basso rischio, l’amniocentesi non è indicata e potrebbe anzi essere valutata come inutile e rischiosa. Ma nulla toglie ai genitori il diritto di voler escludere con certezza anche quell’unica probabilità su 1.5000, facendo una amniocentesi a pagamento.

L’amniocentesi invece sarà gratuita quando sarà anche il ginecologo a consigliarla e a prescriverla, cioè in tutti i casi a medio ed alto rischio. Si considera ad alto rischio ad esempio un risultato di 1:100.