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Trombofilia congenita in gravidanza: la prevenzione dei rischi

Non è raro che nel referto delle analisi in gravidanza emerga una diagnosi di trombofilia congenita fino ad allora totalmente ignorata. Si tratta di una condizione genetica ed ereditaria da cui non si guarisce, tuttavia non si tratta di una situazione impossibile da gestire. In gravidanza necessita di terapia eparinica e di una particolare attenzione allo stile di vita per prevenire un rischio di trombosi venosa profonda o di embolia polmonare.

La trombofilia è una condizione in cui il sangue è predisposto alla ipercoagulabilità ed alla formazioni di trombi a causa di una mutazione genetica ereditaria di un fattore della coagulazione. Nonostante interessi il 6% della popolazione di solito viene diagnosticata solo in occasione di controlli specifici come quelli che si effettuano in gravidanza o prima di un intervento chirurgico.

Il nostro organismo in caso di lesione di un vaso scatena un meccanismo di riparazione chiamato coagulazione.
I fattori della coagulazione sono proteine e aminoacidi ed in quanto tali la loro produzione dipende dall’espressione genetica. Il fattore V di Leiden in particolare è un gene coagulatore che si occupa cioè di produrre un coagulo di fibrina in caso di lesione. Il coagulo però onde evitare che s trasformi in trombo deve essere poi tagliato dalla proteina C attivata.Questa proteina ha bisogno un punto preciso per il taglio: l’unità di arginina, che è normalmente presente sul fattore V.

Quando è presente una mutazione genetica sul fattore V in sostanza non c’è l’arginina ma la glutammina, quindi manca il punto in cui la proteina C attiva può tagliare il coagulo. Percui una volta formatosi il coagulo se non si interviene con un anticoagulante esterno come l’eparina, c’è il rischio che il coagulo diventi un trombo, e occluda un vaso impedendo la circolazione sanguigna.Questa condizione perciò determina una ipercoagulabilità del sangue e un aumentato rischio di trombosi venosa e embolia polmonare.

Se si tratta di mutazione in omozigosi vuol dire che sono mutati i geni su entrambi i cromosomi, sia da parte materna che paterna e in questo caso il rischio è 80 volte aumentato. Se la mutazione invece è in eterozigosi è mutato un solo gene su di un unico cromosoma e il rischio di tromboembolia è aumentato di 5-6 volte. Quando viene diagnosticata questa condizione (spesso accade in occasione della gravidanza) è opportuno improntare uno stile di vita che riduca al minimo altri rischi di tromboembolia.

Quindi, a scopo preventivo anche al di fuori della gravidanza si dovrà evitare l’uso di estroprogestinici, il fumo, l’alcol e tutti i cibi che aumentano la viscosità del sangue: i grassi così detti “cattivi” che formano colesterolo pericoloso. Una sana attività fisica limita la stasi venosa, anche essa rischiosa per la formazione di trombi.

La gravidanza di per sé è una condizione in cui il rischio tromboembolico potrebbe aumentare perchè provoca una stasi venosa delle gambe e spesso si è costrette al riposo a letto che non migliora certo la circolazione del sangue. Per questo motivo a scopo profilattico si prescrive eparina a basso peso molecolare in gravidanza e spesso anche durante l’allattamento. Se si rispetta la terapia ed un corretto stile di vita la trombofilia congenita oggi non rappresenta più un ostacolo alla maternità.