La qualità del sonno del bambino dipende da dove dorme, e dormire insieme ai genitori può rendere il sonno peggiore; questa teoria proviene da uno studio recentemente pubblicato su “Sleep Medicine”. Se il piccolo non dorme nella stessa stanza di mamma e papà, il sonno è più lungo e riesce ad addormentarsi prima; la ricerca è stata coordinata da Jodi Mindell, appartenente allo Center al Children’s Hospital di Philadelphia (USA).
Il campione dello studio era formato da bambini tra i 6 e i 12 mesi di vita; ai genitori di 6.236 piccoli americani e di 3.798 appartenenti a un campione internazionale (Australia, Brasile, Canada, Regno Unito e Nuova Zelanda), è stato fatto compilare un questionario, i cui dati sono stati estrapolati dai ricercatori. Tutte le coppie che hanno partecipato hanno usato un’applicazione nello smartphone per monitorare il sonno dei propri bimbi.
Dai risultati è emerso che circa il 37% dei piccoli, negli USA, e il 48% appartenente al campione internazionale, dormiva in un’altra stanza rispetto a quella di mamma e papà. In tutti e due i gruppi, i genitori di bambini che dormivano nella stanza separata, hanno dichiarato che i neonati facevano meno fatica a prendere sonno e dormivano di più nell’arco delle 24 ore (specie nelle ore notturne).
Mindell afferma che: “Ci sono diverse ragioni per cui i bambini dormono meglio nella loro stanza. Uno dei motivi principali è che hanno più capacità di auto-consolarsi per dormire“. Se i genitori mettono a dormire i figli nella loro cameretta, hanno meno probabilità di dargli il latte per favorire il riposo; in più questi piccoli non si svegliano la notte cercando uno dei genitori, ma sono ben capaci di regolarsi.
La ricerca si oppone alle raccomandazioni dei Pediatri; infatti, lo scorso anno, l’American Academy of Pediatrics ha diffuso delle nuove Linee Guida che raccomandano di far dormire i neonati nella stessa stanza dei genitori, almeno per i primi 6 mesi; quest’ultima indicazione serve a ridurre il rischio di SIDS (morte in culla), e quindi il bambino dovrebbe prolungare il sonno condiviso fino a un anno.
Questo arco temporale si associa al periodo in cui il rischio di morte improvvisa è più alto: ovvero dalla nascita fino ai 6 mesi di vita. Eppure sembrerebbe che il rischio, per fattori ambientali e/o genetici, riguarda anche piccoli più grandi, quindi fino a un anno di vita.