Screening prenatale: che cos’è e a cosa serve

Screening prenatale

Bisogna distinguere innanzitutto il concetto di screening da quello di diagnosi. I test di screening consistono in una serie di esami che permettono di identificare, fra persone apparentemente sane, quelle che possono avere un rischio aumentato per una malattia o una condizione patologica. I test diagnostici, invece, comportano dei rischi per cui non sono applicabili a tutta la popolazione routinariamente. Questi ultimi servono per individuare la specifica patologia sulla base di dati certi che ne indicano la presenza.

Translucenza nucale

Tra i test di screening prenatale consigliati oggi c’è il cosiddetto bitest. In gravidanza è molto utilizzato per individuare i casi a rischio di patologie coromosomiche quali le trisomie. Tra queste ultime, le più note sono la trisomia 21 (Sindrome di Down), la trisomia 18 (Sindrome di Edward’s) e la trisomia 13 (Sindrome di Patau).

Il bitest viene considerato positivo quando risultano alterati determinati parametri, quali la B-hCG e la PAPP-A, nel prelievo di sangue materno. Difatti un aumento di B-hCG e una riduzione di PAPP-A possono segnalare un rischio maggiore di essere affetti da cromosomopatia. Tuttavia il bitest va eseguito insieme ad altri esami per accertarne i risultati.

Questo test viene “combinato”, per una migliore definizione del rischio rilevato, quasi in contemporanea, con un’indagine ecografica. Tramite l’ecografia si effettua la misurazione della translucenza nucale.

I valori di riferimento sono noti a tutti i medici ecografisti, che adottano una specifica tecnica di misurazione, con più rilevazioni consecutive, per aumentare il grado di precisione dell’esito.

screening_prenatale

Bitest

Il bitest, detto anche Duotest, si esegue tra l’11esima e la 14esima settimana di gestazione. Il vantaggio di questo test, sta nel fatto che permette di evitare eventuali esami di diagnosi prenatale invasivi.

Per questo presentano un certo grado di rischio, tra essi si annoverano l’amniocentesi e la villocentesi. A questi ultimi esami si ricorre solo nel caso in cui dei fattori di rischio specifici fanno sì che la donna faccia la scelta consapevole di eseguire il bitest, il quale se risulta positivo richiede una conferma diagnostica.

translucenza nucale

Dunque, se il valore è minore rispetto al valore soglia fornito dal laboratorio, il bitest è negativo e quindi non è necessario effettuare ulteriori esami più invasivi. Nel caso in cui si rilevino valori superiori alla soglia il bitest è positivo ed è necessario ricorrere all’amniocentesi.

I dati acquisiti grazie al duotest e alla translucenza nucale, vengono elaborati da un software in combinazione con la lunghezza del feto, l’epoca gestazionale e l’età della madre, questo perché più aumenta, maggiori sono le probabilità di avere figli affetti dalla sindrome.

Il test combinato o ultrascreen, che viene proposto alle gravidanze considerate a rischio di cromosomopatie, (bitest e translucenza nucale) ha un costo. I costi per eseguirlo dipendono dall’ospedale di riferimento.

Tritest

Esiste anche il tritest, che non va confuso con il bitest. Anche questo è un prelievo di sangue teso a individuare eventuali sindromi cromosomiche nel feto, e dosa tre valori: l’alfafetoproteina, l’estriolo libero e le B-hCG, analizzati insieme all’età della madre e ad altri parametri.

Non viene valutata, in questo caso, la translucenza nucale. Anche il tritest non offre certezze in termini di risultati ma probabilità, e viene eseguito fra la 15esima settimana e la 18esima settimana di gravidanza.

Esiste pure il quadruplo test, che è un tritest integrato con dosaggio di inibina A, che può essere eseguito qualora la donna non abbia fatto in tempo a sottoporsi alle alternative citate.