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Radiazioni da cellulare: i rischi in gravidanza

Una volta il miglior amico dell’uomo era il cane, oggi invece è il cellulare. Ognuno di noi ne possiede (almeno) uno, e a mano a mano che si va avanti nelle generazioni, l’età del primo cellulare si fa sempre più precoce. E non si tratta di semplici cellulari, ma di veri e propri minicomputer che ormai invadono i nostri giorni. Perchè quando non c’è da chiamare, c’è da scrivere su Whats App, quando non c’è da scrivere c’è da controllare l’agenda, quando non c’è da controllare l’agenda c’è da giocare all’ultima App, quando non c’è da giocare all’ultima app ci si fa i selfie. Insomma tutti sanno come fare a occupare il tempo con uno smartphone. Ma forse non tutti sanno che emette radiazioni elettromagnetiche che possono nuocere anche il feto.

Lo studio per stabilire quali potessero essere le conseguenze di una esposizione alle onde elettromagnetiche degli smartphone è stato condotto per ovvie ragioni su delle cavie di topi piuttosto che sugli essere umani. L’esperimento è partito dall’America, dalla Yale School of Medicine ed è stato pubblicato sulla rivista Scientifics Report. Sono state analizzate femmine di topo incinte a cui è stato collocato sulla gabbia un cellulare acceso ma silenziato in modalità chiamata continua. In un altro gruppo di controllo invece il cellulare è stato collocato spento.

Alla nascita dei cuccioli poi gli scienziati hanno analizzato l’attività elettrica del cervello dei topolini e condotto esperimenti sullo studio del comportamento. Quello che è emerso è che i topolini delle mamme esposte a radiazioni del cellulare mostravano una maggiore iperattività , ansia e disturbi della memoria, rispetto ai topolini non esposti.

Quello che si può dedurre allora dallo studio è che l’esposizione prolungata ai cellulari potrebbe essere pericolosa non solo per chi lo utilizza, come già si era ipotizzato, ma anche per un eventuale nascituro se ad usarlo è una donna incinta. Quello che possiamo affermare con certezza per ora è che le radiazioni del cellulare sono state classificate come sostanze cancerogene di livello 2b, da utilizzare pertanto con parsimonia e con tutte le dovute precauzioni.

In gravidanza anche se non ci sono ancora evidenze scientifiche, questi primi studi preannunciano che è bene utilizzarlo il minimo possibile. Durante il monitoraggio cardiotocografico va tenuto spento perché interferisce con le onde utilizzate dall’apparecchio.