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Quinta malattia in gravidanza: rischi e prevenzione del contagio

L’infezione da Parvovirus B19, meglio conosciuta come quinta malattia è una malattia esantematica, solitamente benigna, che si contrae tra i bambini in età scolare. Tuttavia, le donne che non l’hanno contratta nell’infanzia e non sono vaccinate contro di essa, in gravidanza, a causa dell’abbassamento fisiologico del sistema immunitario, sono nuovamente esposte al rischio di contrarla. Come per la rosolia, anche questa infezione presa in gravidanza può essere pericolosa per il feto.

I sintomi compaiono dopo 4-5 giorni di incubazione, si manifestano con la comparsa di un eritema contagioso sul viso, tronco e testa, accompagnato da febbre moderata e malessere generalizzato con dolori articolari.

I soggetti maggiormente a rischio di contagio sono le donne che stanno a stretto contatto con bambini e che non posseggono anticorpi anti-parvovirus. L’analisi del sangue possono rivelare la presenza o meno di questi anticorpi. Se non avete fatto queste analisi e non siete sicure di averla contratta né di essere vaccinate, e nel caso in cui i risultati sono negativi, dovete adottare delle norme di precauzione.

Specie se lavorate con i bambini o ne avete uno in casa a rischio di infezione (non vaccinato) è necessario limitare il contatto con i soggetti infetti. Il virus si trasmette anche per via aerea attraverso le secrezioni salivari con starnuti o tosse, quindi limitare la vicinanza. Se si tratta di vostro figlio la migliore forma di protezione sarà una mascherina. Lavare le mani accuratamente ogni qual volta c’è un contatto sarà una buona norma, dato che il virus può trasmettersi anche avvicinando le mani infette alla bocca.

In caso di infezione materna, il parvovirus passa la barriera placentare e arriva al feto nel 50% dei casi. È possibile fare diagnosi di infezione attraverso la sierologia e cominciare subito un trattamento. I rischi fetali sono legati allo sviluppo di una anemia, ma solo se la malattia viene contratta nel secondo trimestre e non si inizia un trattamento precoce. Inoltre, si può tenere sotto controllo l’anemia fetale con ecografie e nei casi più gravi si può eventualmente effettuare una trasfusione di sangue intra-uterina.