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Piede torto congenito: cos’è e come intervenire

Il piede torto congenito (PTC) è tra le malformazioni scheletriche ereditarie più diffuse tra i neonati, tanto da interessare 2-3 bambini su 1.000. Colpisce più i maschi che le femmine e, di solito, la lesione nel 50% dei casi riguarda entrambi gli arti. In passato, si pensava che fosse causata dalla poca quantità di liquido aminiotico o da una cattiva posizione del nascituro all’interno dell’utero materno. In realtà, le cause non sono del tutto chiare, ma la più probabile rimane quella della predisposizione genetica.

La regola fondamentale in questi casi è intervenire il prima possibile per correggere la malformazione. Attraverso un’ecografia è possibile scoprire il difetto già durante la gestazione e attivarsi per la cura. Nello specifico, come riportato nel sito dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, si effettuano manipolazioni delicate ma decise e si applicano gessi correttivi.

Questi vanno sostituiti ogni settimana durante i primi mesi di vita del neonato per consentire un corretto sviluppo del piede. Intorno ai quattro mesi, se necessario, si effettua un intervento chirurgico di correzione per poi procedere con un altro ciclo di gessi per almeno un paio di mesi.

Successivamente, per evitare il rischio di recidiva, si utilizzano dei tutori notturni fino ai 18 mesi e si effettuano delle visite ortopediche regolari fino ai tre anni. Il difetto comporta fastidi e seccature per il piccolo, ma con la medicina moderna si può correggere la malformazione, non sottovalutandola mai, ma affrontandola con la giusta attenzione.

La strada è lunga e serve tanta pazienza e costanza, ne va del benessere futuro del bambino. Rispetto alla torsione del piede, che può colpire i bambini di tutte le età, il piede torto congenito è presente fin dalla nascita e va curato subito per assicurare al piccolo una normale crescita del piede.