diritti-partoriente

Parto naturale contro parto indotto: 6 differenze

Ci sono delle condizioni in cui l’induzione è inevitabile, cioè in tutti quei casi in cui ci sia un pericolo per la salute della madre o del bambino, risolvibile con l’espletamento del parto. Ci sono anche però quei casi in cui il travaglio si induce per pura precauzione piuttosto che per una reale necessità in atto. È il classico caso della “gravidanza post termine” come se lo sviluppo e maturazione di un bambino possa avere dei termini fissi e uguali per tutti. State pur certi che un bambino non è uno yogurt, quindi non scade. Se non sono presenti segni di sofferenza, invecchiamento placentare o diminuzione del liquido, forse lì dentro sta ancora ultimando la sua preparazione fisica e psicologica alla vita, lui come la sua mamma.

Il protocollo dell’induzione si basa sul fatto che aspettare potrebbe comportare dei rischi statistici. Per fare un paragone simpatico e comprensibile è un po’ come dire: “meglio togliere la cena dal forno prima che si bruci, anche se è effettivamente è ancora tenera. Però la ricetta prevedeva solo 40 minuti e ne sono già passati 43, meglio non rischiare”. Chi si intende un po’ di cucina sa bene che ogni forno è diverso, che la cottura dipende dallo spessore dei cibi, dalla ventilazione e da tanti altri fattori. Vale esattamente lo stesso anche per le gravidanze. Se il vostro bambino sta ancora bene lì dentro, nessuno dovrebbe costringerlo ad uscire prima che siate voi e lui a volerlo.

Per prevenire i rischi si dovrebbero fare controlli frequenti, ecografie e cardiotocografie abbandonando questa pratica barbara dell’induzione preventiva. E’ bene riflettere sul fatto che l’induzione è una medicalizzazione e in quanto tale ha delle conseguenze fisiche e psicologiche. Nello specifico possiamo riassumere 6 differenze tra un parto naturale e un parto indotto.

  1. Il parto indotto è più doloroso di un parto spontaneo
  2. Le contrazioni vengono percepite come più dolorose perché il loro innesco forzato è diverso dall’innesco ormonale naturale per il quale il corpo “si prepara” con la secrezione di cortisolo. La forzatura può essere dolorosa anche a livello psicologico e condizionare lo stato emotivo e la percezione del dolore.

  3. Nel travaglio indotto si hanno delle scadenze da rispettare, in quello spontaneo no
  4. Quando cominciano i dolori di un travaglio spontaneo si ha una fase prodromica che permette una gradualità dei dolori con una tempistica che può durare anche giorni. Anche se può sembrare svantaggioso, questo è essenziale perché ogni organismo si abitui con i suoi tempi ai dolori del travaglio. Nel parto indotto invece dopo la prima dose di candelette si aspetta un massimo di 6 ore dopo di che si fa una seconda dose se la prima e fallita, e poi una terza, obbligando il corpo a subire uno stress al quale non è pronto.

  5. L’induzione spesso fallisce, il travaglio spontaneo no
  6. Proprio perché nell’induzione ci sono scadenze da rispettare, spesso capita che fallisca, cioè che in quei tempi prestabiliti non si inneschi il travaglio. A quel punto è necessario allora praticare altre manovre come la rottura manuale delle acque, l’infusione di ossitocina, la dilatazione manuale e così via, arrivando spesso alla completa medicalizzazione. Questo ovviamente non accade nel travaglio naturale, dove nella fase prodromica non ci sono tempi prestabiliti e in travaglio attivo si lascia fare alla natura senza orologio alla mano, controllando logicamente il benessere fetale.

  7. L’induzione ci costringe a letto, il parto spontaneo no
  8. Quando si pratica l’induzione è necessario prendere un accesso venoso e questo limita decisamente la libertà di movimento. Nel parto spontaneo invece le braccia sono libere e si può camminare, fare una doccia, travagliare in vasca se c’è la possibilità.

  9. Con un parto indotto non si può mangiare né bere
  10. Tra gli effetti collaterali delle prostaglandine c’è la nausea e il vomito. Per questo motivo con una induzione è molto difficile riuscire a mangiare e a bere qualcosa senza risentirne.

  11. Il parto indotto esista più spesso in un parto operativo
  12. Una medicazione tira l’altra. Perché se il corpo non è pronto e si decide di dargli “un aiutino”, bisognerà aiutarlo passo passo, fino all’espulsione. Solo il termine “aiuto” non è quello giusto, dato che si fanno enormi danni all’organismo con l’episiotomia che spesso viene praticata per applicare la ventosa.

Il feedback materno di un parto indotto è quasi sempre negativo. Sarà la forzatura psicologica al parto, il sentirsi passive e non attive, i dolori forti, gli esiti del parto indotto, o l’insieme di tutti questi fattori che fanno di questo parto un’esperienza tutt’altro che gratificante, come invece viene qualificata quella del parto naturale.

Ricordatevi che avete pieno diritto di rifiutare una induzione quando questa non sia giustificata da condizioni di pericolo. Se proprio volete favorire il parto, fatelo con dei metodi naturali.