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Mamma e figli: come affrontare l’ansia da distacco

Dal primissimo momento in cui una donna scopre di aspettare un bimbo e fino ai 3/4 mesi di vita del bebè, i due sono veramente un tutt’uno. In natura non esiste una coppia più inseparabile di una mamma con il suo neonato. Per questo nel momento fisiologico, naturale ed inevitabile in cui inizia ad avvenire un primo approccio di distacco, per la donna possono arrivare una serie di sensazioni, soprattutto psicologiche, che spesso le rendono particolarmente difficile vivere in maniera serena questa nuova fase del rapporto con il suo bambino. Insomma: arriva la fatidica ansia da distacco. E lo stesso può accadere nel bambino. Come affrontarla in entrambi i casi?

Molte mamme vivono ogni piccolo strappo del cordone ombelicale quasi con un senso di perdita, addirittura di svuotamento del proprio ruolo di genitrice.

Per questo bisogna prepararsi molto bene dal punto di vista psicologico per affrontare a superare al meglio queste situazioni ‘necessarie’, per il bene della donna e del bambino. Avendo sempre una consapevolezza indiscutibile: anche il miglior rapporto tra madre e figlio passerà sempre attraverso delle buone fasi di distacco.

Prima cosa da tenere a mente è che soltanto dall’ottavo mese di vita si sviluppa la cosiddetta ‘angoscia dell’estraneo’, non prima perché soltanto in quella fase nella psiche infantile subentra la capacità di distinguere tra la madre, ovvero la persona fino a quel momento più vicina, e gli estranei verso i quali c’è un primo approccio di diffidenza. Prima di quel momento il bimbo non riesce ancora a percepire visi più o meno famigliari, dunque non commettiamo l’errore di associare ogni suo più piccolo lamento a un presunto sentimento di solitudine che il bimbo proverebbe stando lontano dalla mamma.

Solitamente nelle donne l’ansia da distacco subentra quando arriva il momento di tornare a lavoro e di lasciare il bimbo a un ‘estraneo’, nonna, babysitter o asilo nido che sia. Se fino a quel momento il rapporto madre-figlio è stato improntato su una iperprotettività della serie “Nessuno tocchi mio figlio”, la separazione, anche se temporanea, sarà vissuta con enorme difficoltà. E’ in questi casi che la mamma può vivere quella perdita del ruolo a cui accennavamo, quasi che non dedicarsi al proprio figlio per qualche ora possa ripercuotersi negativamente sul suo benessere.

Al contrario bisogna acquistare la consapevolezza che anche il distacco è necessario ed è, anzi, benefico. Il bambino ha certamente bisogno delle cure dei genitori, ma anche di iniziare un percorso che lo condurrà all’autonomia attraverso la socializzazione con altri adulti e altri bambini. Idem la mamma deve riappropriarsi dei propri spazi.

Per questo la mamma dovrà affrontare i momenti di separazione con un’espressione serena sul viso in modo da comunicare la stessa serenità e sicurezza al bambino. Qualora la mamma da sola non ci riuscisse, ben venga un aiuto esterno, un supporto psicologico magari garantito da personale qualificato interno alla scuola (nel caso in cui fosse netto il rifiuto del bambino di restarvi).

Nell’arco dei primi 12 mesi di vita il bambino ha sviluppato totalmente l’angoscia nei confronti delle persone non familiari e scelto la sua figura prediletta di attaccamento (solitamente la mamma): da questo momento può avere anche lui comportamenti collegati all’ansia di separazione, per esempio la paura del buio o il rifiuto di andare a dormire nel proprio letto.

Proprio per quanto riguarda il momento della nanna, la mamma può aiutare a rendere meno difficile il momento attraverso una specie di rito che deve avere i suoi tempi, cantando una ninna nanna, raccontando una favola, dando il bacio della buonanotte.

Questo tipo di disturbo può riguardare anche i bimbi più grandicelli, solitamente quelli sensibili e intelligenti, che vivono in un contesto famigliare unito e affettuoso. Sono bimbi che ricevono quotidianamente coccole ma che ancora non hanno del tutto capito che non vedere temporaneamente i genitori non significa che non torneranno mai più.