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La crosta lattea: i falsi miti da sfatare

Un tempo le nostre madri e nonne definivano crosta  lattea quella sostanza giallognola di consistenza untuosa, saldamente  aderenti al cuoio capelluto e raramente  presenti anche sul  viso. Affermavano con sapienza che la causa di questo disturbo, molto frequente nei neonati che compare a partire della seconda settimana di vita e termina solitamente intorno al quinto mese, fosse dovuta alla sua unica nutrizione a base di latte. Questo faceva sì che, a volte, alla donna in allattamento fosse suggerito di eliminare dalla propria alimentazione i latticini che potevano essere responsabili del problema. In realtà è un falso mito da sfatare.

Le cause all’origine, dovute da una  iperproduzione di sebo, possono essere diverse. In primo luogo la colpa è da attribuire, alla presenza degli ormoni materni all’interno dell’organismo del bambino, o ancora da un fungo presente nella pelle.

Accertato quindi che non vi è nessuna associazione ad un particolare tipo di alimento della madre, è anche errato pensare che il latte, sia materno che di formula, possa essere così grasso o pesante da provocare la comparsa della dermatite seborroica, questo è il suo nome corretto. Essa va considerata solo come un problema estetico transitorio, che tende a scomparire spontaneamente senza lasciare traccia a partire dal terzo mese, quando la produzione di sebo si regolarizza e la pelle inizia a rigenerarsi in maniera corretta, senza interferire in alcun modo con la crescita dei capelli. Queste crosticine che ricoprono il capo del neonato non danno fastidio, al massimo se ha già una folta chioma, possono arrecargli del  prurito.

I genitori si scoraggiano subito nel vedere le squame che facilmente si staccano dal capo del loro bebè, a volte con cappelli cercano di coprire ciò che ritengono antiestetico, perché proprio nei primi mesi di vita parenti e amici vanno a conoscere il nuovo arrivato e madre e padre vogliono presentare il proprio figlio come il miglior trofeo vinto. Poiché il disagio è soltanto estetico, ed è un problema assolutamente benigno l’unico trattamento consiste in semplici pratiche igieniche quotidiane.

La testina del piccolo va lavata ogni due giorni con sostanze oleose. Nello specifico gli oli che devono essere usati con delicatezza sul capo del bebè sono olio di oliva o di mandorle dolci, oppure vaselina o emollienti specifici venduti in farmacia. Tutte queste sostanze, ammorbidendo le croste, ne facilitano il distacco anche con il valido aiuto di un pettinino a denti stretti; infine bisogna poi tamponare con un panno morbido. Solo in casi gravi il pediatra può consigliare creme a base di cortisone, ma ciò è raro. Non si deve mai cercare di togliere le croste con le unghie perché vi è il rischio di provocare micro ferite al cuoio capelluto del figliolo.

Alcuni bambini sviluppano invece la crosta lattea intorno ai 4 anni. Le cause sono incerte, forse vi è una predisposizione genetica o ancora qualche intolleranza alimentare o infine da non escludere lo stress, perché pure se piccoli in concomitanza con la scuola o con problemi familiari, il bambino potrebbe somatizzare sviluppando questa dermatite. Anche se ormai grandicelli, per ovviare a questo problema ed evitare prese in giro dai compagni di classe, si possono usare gli stessi prodotti citati prima per un neonato.

Questa dermatite non è comunque presente in tutti i bambini, anzi alcuni non ne mostrano mai i sintomi e ciò è sempre la dimostrazione del fatto che ogni bimbo è diverso e non va considerato come un modello standardizzato, bensì  è un disturbo in meno per genitori e figlio. Quindi, per le madri ansiose, è bene ricordare che se il proprio bebè presenta o non la crosta lattea non vuol dire, come è stato ben spiegato, che è colpa del proprio latte o della propria dieta  perché non sono queste le vere cause, ma ognuno può avere delle manifestazioni cutanee più o meno rilevanti.