Spesso i bambini piccoli scelgono una copertina, un pupazzo, ma anche una sciarpetta o una semplice maglia, come oggetto preferito da cui allontanarsi è proprio impossibile. Si chiama oggetto transizionale, è scelto dal bambino e deve essere sempre presente in tutte le fasi della giornata: anche a scuola, ad esempio. Di seguito tutto ciò che c’è da sapere su questo “oggetto speciale”.
Tanti giochi regalati per poi vedere il proprio bambino, quasi ossessionato dallo stesso “oggetto”. Un comunissimo orsetto, una copertina o semplicemente un panno da stringere forte a sé. Un qualcosa che “sa di mamma”, di affetto, di coccole e di sicurezza. Un compagno di avventure che deve essere sempre presente. Tutto questo ha un nome: oggetto transizionale.
L’oggetto transizionale per il bambino è molto importante. Questo perchè la copertina, il peluche o qualsiasi altro oggetto scelto dal bambino lo aiuta ad affrontare le paure ed ha anche un potere calmante e rilassante sul piccolo. Solitamente è un qualcosa di caldo e morbido, che in qualche modo gli ricorda la figura materna. Infatti, quest’oggetto è di fondamentale importanza per il bambino soprattutto quando la mamma non è presente. Ecco perchè molti bambini portano il loro oggetto transizionale al nido e ovunque, fuori casa.
Il primo a parlare di oggetto transizionale, o fenomeno transizionale, è stato il pediatra e psicoanalista inglese Donald Woods Winnicott riferendosi ad un particolare momento dello sviluppo del bambino. L’oggetto, infatti, aiuterebbe il piccolo ad attraversare la fase dello sviluppo dell’Io e della differenziazione dalla madre. In altre parole l’oggetto tradizionale aiuterebbe il bambino, che fin dalla nascita è completamente dipendente dalla madre, ad accettare la realtà esterna pian pianino senza esserne traumatizzato, comprendendo di essere un individuo separato da lei.
La coperta di Linus è il simbolo per eccellenza dell’oggetto transizionale. Spesso anche un pezzo di stoffa, un panno può rappresentare per il bambino “un’ancora di salvezza” e diventare dunque la “copertina della salvezza”, da cui non si riesce a separare.