ALLATTAMENTO

Capezzolo introflesso: si può allattare?

Capezzolo introflesso: può incidere nella buona riuscita dell’allattamento?

Allattare al seno è una delle cose più naturali che può avvenire. Coinvolge in prima istanza mamma e bambino, ma garantisce un beneficio che interessa tutta la famiglia. Purtroppo, però, esistono situazioni in cui questo diventa complicato, difficile se non, addirittura, impossibile. Questo è quanto accade, ad esempio, in presenza di un capezzolo introflesso, un’anomalia morfologica che può essere sia monolaterale che bilaterale.

Si tratta, almeno nella maggior parte dei casi, di un problema di origine genetica. In altre situazioni può derivare direttamente da processi di tipo infiammatorio. Oltre a problemi nell’allattamento (ragadi con conseguente ingorgo, mastite e dolore durante la poppata), durante il periodo dell’adolescenza questo problema puòprovocare disturbi a livello psicologico. Questa condizione a volte viene descritta come presenza di capezzolo cieco o capezzolo invertito. Un capezzolo alterato nella conformazione può essere definito anche come capezzolo rientrato, capezzolo retratto o capezzolo piatto.

capezzolo introflesso

Capezzoli introflessi: qual è la causa?

Il capezzolo introflesso è uno dei motivi per cui alcune mamme rinunciano a dare il proprio latte ai figli. Esso è determinato dalla presenza di dotti galattofori troppo corti che, di conseguenza, trattengono il capezzolo verso la ghiandola mammaria impedendone la sua normale espansione verso l’esterno. Esistono diversi tipi di capezzoli, forme di anomalie più lievi (capezzoli piccoli, leggermente rispetto alla norma) ed altre invece più evidenti.

Per risolvere drasticamente il problema dei capezzoli introflessi, si potrebbe ricorrere ad un intervento chirurgico. Quello più diffuso è un intervento di sezione dei dotti galattofori, che elimina la causa della sopracitata retrazione. Nonostante il successo di questo intervento risulti garantito, purtroppo nella maggior parte dei casi compromette la possibilità di allattare al seno. Considerando che la conformazione del capezzolo interessa generalmente chi ha intenzione di allattare al seno il proprio bambino, questo è il motivo percui la soluzione chirurgica non viene quasi mai menzionata.

capezzoli introflessi

Allattamento al seno: è importante la forma dei capezzoli?

Esistono anche trattamenti non chirurgici, come l’utilizzo di una sorta di piccola ventosa (Niplette), che aspirandolo mantiene il capezzolo in estroflessione. Questo trattamento non è particolarmente gradito e pratico, inoltre presenta parecchie complicanze. Nel 2001 è stato introdotto, da Erick Sholten, un trattamento certamente innovativo che ricorre ad un metodo semplice per mantenere il capezzolo in posizione, ovvero il piercing. Con questo metodo non viene esclusa la possibilità di allattare al seno e in genere non si presentano recidive.

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I veri casi di capezzolo rientrante sono piuttosto rari. Tutti gli altri in genere si risolvono spontaneamente attaccando bene il bambino al seno. Con la sola suzione è possibile far sporgere in fuori i capezzoli. Inoltre, non dimentichiamo che il lattante non deve succhiare solo il capezzolo ma tutta l’areola. Una posizione corretta durante l’allattamento è garante di un allattamento vantaggioso sotto vari punti di vista, tranquillo e sereno.

allattamento al seno

Allattare al seno: tutta questione di pratica!

Anche il dossier Allattamento al seno: tra arte, scienza e natura del Ministero della salute per la gestione dei capezzoli rientranti avalla la tesi secondo cui una corretta suzione sia sufficiente a risolvere il problema. Esso contiene alcuni punti, tra cui:
– Provare a offrire il seno al bambino con una presa a coppa, o a C, che facilita l’attacco.
– Aspettare che la bocca del piccolo sia ben aperta prima di portarlo al seno.
– Prima di attaccare il bambino, esercitare una blanda suzione sul capezzolo con un tiralatte, oppure con il metodo della siringa, un efficace rimedio della nonna.

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Quest’ultimo metodo si avvale dell’uso di una siringa (da 10 o 20 cc), della quale viene tagliata la parte dove c’è l’ago e si inserisce lo stantuffo al contrario. Si appoggia sul capezzolo la siringa esercitando una lieve aspirazione per facilitare la sporgenza del capezzolo. Se necessario, si può spremere il latte e darlo con una tazzina mentre il neonato impara ad allattare al seno.

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Allattare: una risorsa universale

Le donne che allattano al seno i propri figli regalano a se stesse e ai propri bambini innumerevoli benefici. Proprio per questo motivo non bisognerebbe arrendersi alle prime difficoltà, perché è decisamente raro che una donna non possa veramente allattare. Non esistono mamme incapaci, semplicemente non sono state correttamente informate o sostenute. Se la mamma non riesce a risolvere il problema da sola, la cosa migliore da fare è rivolgersi a un’ostetrica, che valuterà la situazione e la aiuterà a capire come posizionare correttamente il bebè e vivere bene questa bellissima fase. Esistono varie realtà alle quali le mamme possono rivolgersi: l’ospedale in cui hanno partorito, i consultori territoriali (anche se non sempre sono presenti), e ostetriche libere professioniste presenti sul territorio.