Che l’alcool sia rischioso in gravidanza si sa ormai da molto tempo. Eppure, forse non è così tanto un’ovvietà. Secondo le recenti statistiche, due bambini su cento in Europa e negli Stati Uniti soffrono di disordini feto -alcolici, ossia difetti, disturbi dell’apprendimento, problemi comportamentali e malattie mentali causate dal consumo di alcool della loro madre durante la gravidanza.
Insomma, una vera e propria piaga quella che l’Associazione European Fasd Alliance sta cercando di arginare e, a tal proposito, ha proposto una campagna che sta già facendo molto discutere. Si chiama Too Young To Drink, ovvero troppo giovane per bere, la campagna che coinvolgerà venti paesi, tra cui l’Italia, che mostra dei feti in bottiglia.
Su poster, manifesti e banner della campagna, che vuole evidenziare il pericolo del bere in gravidanza, compaiono neonati immersi in differenti tipi di bevande alcoliche, dal vino alla birra passando per rum, vodka, whiskey e brandy. Non solo: in video e cortometraggi, i genitori di bimbi affetti da tali disturbi parlano delle conseguenze dell’assunzione di alcol nei nove mesi sperando di convincere le donne in gravidanza a rinunciare.
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità, promuove, insieme al centro di alcologia del Policlinico Umberto I il terzo convegno europeo sulla Sindrome feto alcolica, in programma a Roma il prossimo 20 ottobre mentre a Treviso l’Azienda ULSS 9 porta avanti dal 2010 la campagna Mamma beve bimbo beve. Poiché a oggi non si conosce la quantità di alcol che si può consumare in gravidanza senza alcun rischio per il nascituro, il consiglio obbligato per le donne incinte e per quelle che cercano di avere un bambino resta quello di non bere alcool per tutti i nove mesi di attesa.