bambino e mamma

Bambini e malattie: il lato forte dell’essere mamma

Siamo mamme, dobbiamo essere forti

La maternità è un miracolo che la vita dona ad una donna. Quando diventiamo mamme di un meraviglioso pargoletto e lo stringiamo per la prima volta tra le braccia, tutto appare meraviglioso, tutto è perfetto. Poi, le settimane, i mesi e gli anni volano via e, un bel giorno, tra una visita di controllo e un malanno di stagione, il mondo ci casca addosso con tutto il suo enorme peso proprio qui, sul cuore.

Una diagnosi che mai avremmo voluto udire rimbomba nelle nostre orecchie e noi, mamme leggere e vitali, ci ritroviamo sommerse dalla paura! Paura di non farcela, paura dell’ignoto e rabbia per quello che ci è stato comunicato: nostro figlio è malato!

Qualsiasi sia il tipo di malattia, il mondo ci appare buio e noi ci sentiamo perse e impotenti. Ma bisogna reagire e, come delle leonesse, facciamo di tutto per proteggere il piccolo dono che la vita ci aveva regalato e che ora, per un brutto scherzo del destino, rivuole indietro.

Come fare? Oggi, cerchiamo di affrontare quel tipo di malattie, più o meno gravi, che possono insorgere nella tenera età di un bambino: dal cancro, alla Sindrome di Down, all’epilessia, all’obesità infantile sino all’autismo e alle disabilità. Situazioni spiacevoli che portano ad affrontare la vita che ci circonda sotto un punto di vista comune: l’essere mamme forti di piccoli guerrieri!

Tutto ciò che c’è da sapere sul cancro infantile

Iniziamo con il dire che i tumori in età pediatrica sono relativamente rari ma, non per questo, improbabili. Tra i vari tumori, quello che più frequentemente può intaccare una tenera età è la leucemia, che rappresenta circa il 33% dei tumori infantili. Nel 25% dei casi, si hanno, invece, i tumori cerebrali, mentre i linfomi rappresentano circa l’8%. Scendono al 4%, invece, i tumori ossei.

Questi dati non devono spaventare, poiché la medicina ha fatto, e fa tutt’oggi, passi da gigante nella sperimentazione. Anche se, un figlio affetto da tumore in età pediatrica spaventa, e tanto, bisogna cercare di essere reattivi affrontando la malattia con determinazione e positività.

La diagnosi di tumore e l’intensità del trattamento hanno un impatto emotivo pesante sul bambino e sulla mamma in particolare. È difficile, in questi casi, mantenere un senso di normalità per l’intero nucleo familiare e, ancor di più, per il bimbo sottoposto ad analisi e a trattamento. Questo ancor di più quando il piccolo paziente deve essere ricoverato frequentemente per ricevere i trattamenti adeguati al caso. Ma, anche se sembra che vi sia uno scoglio insormontabile, in fondo al tunnel vi è sempre una luce. Ne sanno qualcosa le mamme e i padri di bambini affetti da cancro che ce l’hanno fatta.

Un esempio è la dichiarazione della famiglia Bublé, il noto cantante Argentino Michael Bublé che, nel 2017, ha affrontato il brutto tumore di suo figlio Noah. L’artista, in un’intervista ha dichiarato:

Grazie al sostegno degli amici, della nostra famiglia, dei nostri fan in tutto il mondo e della fede in Dio, nostro figlio Noah è guarito.

Il piccolo ha affrontato un grave tumore che aveva intaccato il cervello ma, con la chemioterapia e l’esportazione chirurgica, il tumore è andato via, debellato, riportando alla normalità il bimbo e tutta la famiglia. Un altro esempio di grande speranza ci viene consegnato proprio in casa nostra dal giocatore della Juventus, Leonardo Bonucci, il quale, ha ricordato, in un’intervista in onda sulla Rai, la storia del piccolo Matteo affetto da tumore e oggi guarito:

A quel punto non sei padrone della situazione, sei in mano al destino. Io sono convinto che la storia nostra sia già scritta. Un giorno ho preso il suo pupazzetto, quello che stava sempre accanto a lui e mi sono messo seduto. Ho detto: ‘Se hai deciso così fai quello che devi fare, l’importante è che la cosa sia meno dolorosa possibile’.

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Bambini e tumori: il sostegno del Team pediatrico e la forza della mamma

Alla base di una buona guarigione risiede, ancor prima delle cure specializzate a debellare il male, un forte sostegno psicologico da parte del team pediatrico che ha in cura il bambino affetto da tumore.

Assicurarsi comprensione e sostegno è la prima carta che una buona equipe medica deve disporre verso il piccolo paziente e la rete familiare per supportare il dolore e il cammino, non certo facile, verso la guarigione. In modo particolare, il sostegno che il team pediatrico deve regalare include:

  • Specialisti di tumori pediatrici.
  • Infermieri professionali e specializzati in oncologia che si prendono cura dei bambini ammalati di cancro e delle loro famiglie.
  • Altri specialisti, come un chirurgo pediatrico esperto nell’asportazione o nella biopsia di tumori pediatrici, un radiologo pediatrico esperto nell’osservazione di studi radiologici di bambini affetti da tumore e un patologo esperto nella diagnosi dei tumori pediatrici.
  • Il medico di base.
  • Personale specializzato nell’assistenza pediatrica, che aiuta i bambini e le loro famiglie in ospedale e in altri contesti ad affrontare tutto ciò che comporta un ricovero ospedaliero.
  • Un assistente sociale che possa fornire assistenza psicologica e aiuto.
  • Un insegnante, che possa lavorare con il bambino per assicurarsi che l’istruzione del bambino non venga interrotta.
  • Un contatto scolastico che possa aiutare il bambino e la sua famiglia a interagire con l’insegnante e la scuola.
  • Uno psicologo, che possa aiutare il bambino e l’intera famiglia nel corso del trattamento.

Il cammino non sarà leggero e, molte volte, si avrà l’impressione di non farcela ma, le mamme sanno dentro di loro che, con l’aiuto appropriato e le cure giuste, si può uscire da questo incubo. A testimoniarlo sono le innumerevoli mamme e i tantissimi papà che hanno passato lo stesso calvario e ne sono usciti più forti che mai, e a volte, la risposta ci viene fornita proprio da loro, i nostri stessi figli! È qui che risiede la forza di una mamma.

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Come affrontare l’obesità infantile

È un problema sempre più diffuso in età pediatrica. Spesso si crede, erroneamente, che le conseguenze dell’obesità ricadano esclusivamente sul fisico, sull’accumulo di grassi in eccesso. In realtà il problema è molto più importante, sopratutto per i bambini, che possono avere disfunzioni e anomalie anche a carico degli altri organi:

  • accumulo di grasso nel fegato (steatosi epatica nel 60-70% dei casi);
  • iperinsulinismo (50-60%),con possibili evoluzione verso il diabete;
  • aumento dei grassi circolanti (ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) e ipertensione arteriosa;
  • problemi psicologici e funzionali.

Come capire se nostro figlio è un bimbo obeso? Anzitutto, dobbiamo specificare che si parla di obesità infantile quando il  peso del bambino supera del 20% il suo peso ideale, quest’ultimo calcolato in base al BMI.

Il problema dell’obesità infantile è che, molto spesso, non è percepita dai genitori come una malattia. Questo fa sì che l’obesità venga protratta in età adulta, con tutte le conseguenze del caso. Il fenomeno in Italia colpisce 1 bambino ogni 4. 

Per prevenire l’obesità infantile, è fondamentale nella vita di un bambino una corretta alimentazione e questo, può avvenire solo se i genitori sono consapevoli dell’importanza che ha una giusta alimentazione sin da subito, cioè dai primi mesi di vita.

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Obesità infantile: come trattarla e uscirne fuori

L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale, cioè è il risultato di diverse cause, più o meno evidenti che interagiscono tra loro. In primis, l’obesità infantile è dovuta a:

  • un’eccessiva e cattiva alimentazione;
  • una ridotta attività fisica;
  • fattori di tipo genetico e familiare.

Un altro caso che porta all’obesità infantile è dovuto al rapporto che il bimbo ha con la madre. Il sovrappeso è un problema, il più delle volte, sottovalutato, tanto che anche la sintomatologia, “spia” di patologie conseguenti, non viene presa in considerazione. La sensazione di non essere compresi, l’isolamento che a volte esiste all’interno delle famiglie stesse, la mancanza di dialogo, sono tutti fattori che possono scatenare la voglia di mangiare del bimbo, questo per rimpiazzare un vuoto, spesso incolmabile.

Un cattivo rapporto con la mamma per un figlio causa un’alterazione nel normale equilibrio quotidiano caratterizzato dal sonno-veglia, dal rapporto con il cibo vero e proprio, quindi dal senso di fame e di sazietà.

Mentre rari sono i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali. La domanda, ora che ci poniamo è una sola: come correggere le brutte abitudini alimentari di nostro figlio?

Partiamo da una cosa ovvia ma, che spesso, tanto ovvia non appare: per risolvere il problema dell’obesità per nostro figlio, bisogna iniziare a dare il giusto esempio. Dunque, parte proprio dai genitori il cambiamento nel regime alimentare. I bambini prendono esempio dalle figure importanti della loro vita, dunque da mamma e papà, se i genitori per primi mangiano male, di conseguenza, il bimbo imiterà le abitudini dei grandi. La prima regola, è dunque, quella di dare il buon esempio a tavola.

Poi, vi sono altri passaggi che una mamma dovrebbe tenere in considerazione per una corretta alimentazione del proprio bimbo. Riassumendo, alcune dritte di seguito:

  1. modificare l’alimentazione quotidiana, privilegiando prodotti ortofrutticoli, grassi di origine vegetale come olio extravergine di oliva, carboidrati come pasta, pane, riso. Evitare gli zuccheri complessi, merendine e cibi fritti da fast food;
  2. ridurre il consumo di cibi elaborati e calorici o ricchi di grassi e zuccheri. Iniziate ad introdurre le verdure poco per volta, poiché un bambino non abituato ad uno stile di vita alimentare corretto, farà fatica ad accettare questo cambiamento in maniera drastica;
  3. non insistere quando il bambino è sazio o non ha molta fame;
  4. abituare il bambino ai giochi all’aperto e all’attività fisica;
  5. non associare il cibo all’idea di qualcosa di “speciale”, né usarlo come premio.

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L’autismo: come affrontarlo al meglio

L’autismo è un disturbo legato al mal sviluppo neurologico del bimbo. Questo disturbo pregiudica le capacità di interazione e comunicazione sociale, induce comportamenti ripetitivi e limita drasticamente il campo degli interessi.
Ad oggi, le cause di autismo sono ancora poco chiare. Secondo alcuni scienziati e psicologi, la sua comparsa sarebbe dovuta a fattori di natura genetica e/o ambientale.

Una mamma che ha a che fare con un bimbo autistico sarà una madre speciale che avrà, con sé, la forza e la grinta di andare avanti. Solo lei saprà come comportarsi con il proprio bimbo speciale ma, spesso, questa malattia porta dei dubbi e delle domande alla mamma che si chiede come farà, un domani, il suo bimbo quando, magari, lei non ci sarà più.

So che è una domanda a tratti negativa ma so anche che molte donne, mamme di bambini autistici, si pongono ogni giorno per l’avvenire.

Ecco qui il dolcissimo video di un bambino down che abbraccia l’amico autistico per consolarlo. È accaduto in Messico e il video ha fatto il giro del mondo, per dimostrare che, come ha detto Keith Haring:

I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato.

#VIRAL Un chico Down con un enorme corazón, consolando a su manera a su compañero de grupo, niño autista.

Gepostet von Jalisco oculto am Freitag, 29. November 2019

Ed ecco qui un altro dolcissimo video che ha incantato il web e che mostra un bambino che culla il fratellino down.

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Perché si sviluppa l’autismo nel bambino? Le cause

La comparsa del disturbo del neurosviluppo infantile sarebbe legata a 2 fattori in particolare:

  • fattori di natura genetica, dunque una predisposizione familiare, casi in famiglia anche di parenti prossimi affetti da tale disturbo;
  • nascita prematura;
  • assunzione, da parte della madre durante la gravidanza, di alcol o determinati farmaci;
  • esposizione massiccia della madre ad ambienti dall’aria inquinata;
  • infezioni materne contratte durante la gravidanza;
  • età avanzata dei genitori al momento del concepimento.

La diagnosi di autismo andrebbe fatta entro i primi tre anni di vita del bambino. Tuttavia, non esistono esami oggettivi in grado di dirci se nostro figlio è affetto da questa sindrome: la diagnosi, infatti, si basa su dati clinici e cioè sull’osservazione del comportamento del bimbo. Alcuni di questi comportamenti potrebbero essere:

  • Eseguire movimenti ripetitivi, come per esempio dondolarsi avanti e indietro o sbattere le mani.
  • Utilizzare i giocattoli in modi diversi, rispetto ai loro veri scopi.
  • Routine quotidiana seguita alla lettera. 
  • Provare forte attrazione o, al contrario, repulsione verso i cibi, a seconda del loro colore o della preparazione.
  • Tendenza ad annusare oggetti e/o persone senza motivazione apparente.
  • Avere pochi interessi, ma maniacali. 
  • Dimostrare una particolare sensibilità alle luci intense, suoni o contatto fisico (anche se quest’ultimo non è doloroso).
  • Essere in costante movimento.

In queste circostanze, un genitore per aiutare il proprio bambino, farebbe bene a rivolgersi a un medico, il quale, avrebbe gli strumenti adatti per poter indirizzare la famiglia verso centri professionali e di supporto.

Dall’autismo non si guarisce ma, in molti casi, ci si convive anche bene. L’importante è non perdere mai la fiducia e accogliere ciò che la vita c’ha donato come un prezioso e particolare regalo, tutto per noi.

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L’Epilessia in età pediatrica: cause e come affrontarla

Un’altra malattia dalla quale l’1% della popolazione è affetta è l’epilessia. Questa è una malattia caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche e dalle conseguenze sul piano sociale che esse provocano.

C’è da dire che per fortuna alcune forme di Epilessia legate a predisposizione genetica, con esordio per lo più in età pediatrica, hanno un andamento benigno, in quanto tendono a guarire spontaneamente. Con le varie e nuove terapie farmacologiche, si riesce ad ottenere un buon controllo delle crisi in circa il 65-70% dei casi.

Quando parliamo di epilessia, la cosa che spaventa maggiormente i genitori all’inizio è il non sapere come affrontare le crisi dei propri bimbi e, l’imprevedibilità di queste che possono insorgere in ogni momento della giornata, possono portare un grande stress a livello psicologico. Ma, la soluzione, come molte mamme sanno già, è il rimanere calme e prendere in mano la situazione senza panico.

Quando è necessario iniziare una cura antiepilettica? Dalle linee guida proposte dalla FIE (Federazione Italiana Epilessie):

È raccomandato l’inizio del trattamento antiepilettico dopo la seconda crisi non provocata, prendendo in considerazione il tempo intercorso tra la prima e la seconda crisi…Considera l’inizio del trattamento antiepilettico dopo la prima crisi non provocata se il soggetto presenta deficit neurologici, se l’EEG mostra chiara attività epilettica, e/o se la RM evidenzia lesioni anatomiche

Un’altra domanda che, spesso, le mamme e i papà, si pongono è: Per quanto tempo mio figlio deve essere sottoposto a cura antiepilettica?

Di norma, è raccomandata la sospensione della terapia antiepilettica dopo almeno 2 anni di remissione al fine di ridurre il rischio di ricaduta. L’obiettivo dell’intervento terapeutico mirerà ad ottenere il massimo sollievo dalle crisi, tenendo sempre presente quale ne sia il reale impatto sulla vita quotidiana del paziente infantile, minimizzando gli effetti collaterali, in particolare l’influenza sugli aspetti cognitivi e sociali specie nell’età dello sviluppo.

L’Epilessia non deve spaventare i genitori che devono avere ben chiaro in mente che da queste crisi si guarisce. Anche se il percorso può, a volte, sembrare tortuoso e lungo, la speranza di vedere il proprio bambino sano e in forma è un sogno che presto si tramuterà in realtà.

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Sindrome di Down: ecco come affrontare la disabilità

La Sindrome di Down (o Trisomia 21) è un’anomalia cromosomica caratterizzata dalla presenza del cromosoma 21 in soprannumero. Sebbene la Sindrome di Down non sia una malattia rara, in molti paesi l’incidenza alla nascita è diminuita drasticamente in base all’uso sistematico delle indagini prenatali. 

Una delle conseguenze note di chi nasce con Sindrome di Down è il ritardo mentale. Questo è uno dei fattori maggiormente invalidanti e che coinvolge il bambino in primis ma anche il suo nucleo familiare, intaccando la sua vita affettiva e sociale.

Le mamme e i papà che hanno in casa un bimbo affetto da Sindrome di Down, sanno di cosa stiamo parlando. Ovviamente, il primo pensiero, in questi casi, è il voler proteggere il proprio bambino dal mondo esterno, dalla vita che lo circonda. Questo è un bene, ma anche lasciare il giusto spazio al bimbo nell’esplorare la vita a modo suo, è un modo di voler bene al proprio figlio. Spesso si tende troppo a proteggere il piccolo soffocandolo, inconsapevolmente con il proprio amore materno, quando, in realtà, sarebbe meglio lasciar vivere al bambino le proprie esperienze in assoluta tranquillità.

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Come gestire un bambino con Sindrome di Down

Questa Sindrome spesso è considerata come un problema di vita invalidante ma, quello che non si sa bene è che esistono molte strutture e centri ad hoc che aiutano, sin dall’infanzia il bimbo affetto da tale patologia, nonché la famiglia del bambino che, in questi casi, inizialmente, non sa davvero come affrontare la situazione.

Prima di determinare un approccio corretto che porti a uno stile di vita migliore, è importante consultare dei professionisti. Si può appartenere ad un forum on line oppure ad un gruppo di sostegno locale ed iniziare, così, ad esporre le proprie perplessità a riguardo nonché le proprie paure e i dubbi. Interfacciarsi con persone che vivono la stessa situazione è fondamentale per capire che non si è soli. Così come è importante sapere che le reazioni dei soggetti con Sindrome di Down possono variare a seconda delle proprie esperienze personali.

Potete partire nel:

  • riordinare la vostra casa al fine di offrire al bambino protezione e sicurezza;
  • modificare la routine giornaliera o il programma di lavoro in modo da fornirgli più tempo;
  • conoscere la giusta alimentazione da prendere in atto;
  • scegliere i giocattoli più idonei all’indipendenza del bimbo;

Soprattutto, è fondamentale avere pazienza e non aver paura di mettere alla luce altri figli, solo perché il primo ha tale sindrome.

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Bambini e Disabilità: una mamma forte come una leonessa

Vi sono diverse disabilità con cui un bambino può nascere o può essere affetto sin dalla sua tenera età. Quando una di queste si presenta è come se arrivasse nella vita di un genitore un vero e proprio tsunami di emozioni contrastanti, negatività e mille “perché”.

Secondo i dati del rapporto “State of the World Children”, condotto dall’UNICEF nel 2013, ci sono circa 93 milioni di bambini in tutto il mondo con qualche tipo di disabilità. Questo dato non deve far paura, seppure elevato, ma deve essere una spinta per quei genitori che si trovano ad affrontare una qualsiasi disabilità nel proprio figlio.

Vivere con un bambino disabile non è facile, bisogna modificare il proprio stile di vita e dedicarsi al 100% al proprio bimbo ma, non tutto è perso. Quello che, maggiormente, preoccupa i genitori non è tanto il presente, quanto il futuro del bimbo con disabilità. Ma anche in questo caso, la scienza ha fatto passi da giganti e, nel mondo, esistono numerosi centri all’avanguardia preposti a tali scopi.

Quello che non deve spaventare il genitore è chiedere aiuto quando si trova in difficoltà. Perché, un bimbo ha bisogno di una mamma e un papà forti e presenti nel miglior modo possibile. Solo con la giusta e corretta informazione si saprà gestire al meglio un bambino disabile e fargli/le vivere una vita piena e “normale” sotto tutti i punti di vista.

Quindi, come prima cosa fai più ricerca possibile sulla condizione del tuo bambino: più saprai, più sarai in grado di aiutarlo. Questa fase iniziale ti porterà, successivamente, a parlare con professionisti che ti potranno spiegare come puoi sostenere il tuo bambino in ogni fase del suo sviluppo.

Verrai a conoscenza di reti di supporto, professionisti e organizzazioni di beneficenza che potranno sostenerti, consigliarti e che potranno darti informazioni e accesso alle più recenti terapie fisiche idonee per il bambino.

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Disabilità e infanzia: il supporto della scuola

Una cosa che spesso spaventa la mamma o il papà è l’entrata nel mondo della scuola di un figlio disabile. Tante domande ronzano in testa, infiniti punti interrogativi per il futuro. Come sarà? Come vivrà la situazione? Avrà il giusto sostegno da parte delle Istituzioni scolastiche?

Ecco, fermati un attimo e respira: non sei sola, non siete soli ma, all’esterno, la rete di supporto scolastica è, oggi, molto solida riguardo l’istruzione di bambini con disabilità.

I programmi di supporto sono importanti a livello formativo ed educativo e possono essere mezzi di informazione fondamentali. Troverete professionisti che vi potranno consigliare sulle esigenze speciali del vostro bambino e su come evolveranno in futuro. Quindi, non fatevi prendere dal panico e, anche se sembra difficile, respirate e rimanete sempre aggiornati sui progressi della scienza e, ancor di più, su quelli che farà vostro figlio!

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