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Quando parlano i bambini: l’età giusta e come aiutarli

Quando parlano i bambini?

Dal momento della nascita ogni bambino impara ogni giorno cose nuove. Ogni tappa di sviluppo, soprattutto le più importanti, è una grande emozione per mamma e papà. Dal primo sorriso, ai dentini che spuntano in mezzo a quello splendido sorriso, ai primi passetti, fino alle prime parole: sono tutti momenti indimenticabili che rimangono impressi nella mente di ogni genitore. A volte però queste tappe tardano ad arrivare e i genitori si allarmano, pensando che i propri figli abbiano qualcosa che non va. Uno dei dubbi che più attanaglia i genitori alle prese con i progressi dei propri figli è proprio il parlare. Quando parlano i bambini e quando è il momento di preoccuparsi?

Quando arrivano le prime parole dei bambini

Come per tutte le conquiste evolutive, è difficile individuare con precisione l’età in cui il piccino inizierà a parlare. Ci sono bambini che parlano prestissimo ed altri iniziano più tardi, spesso con la scuola materna. Questi bambini mostrano uno scarso bagaglio linguistico, senza che sia diagnosticato loro alcun ritardo.

La prima fase verso l’acquisizione del bagaglio linguistico è la lallazione. La lallazione a quanti mesi c’è? Intorno ai 6 mesi si manifesta nel bebè la fase della lallazione. Questa prima fase è caratterizzata dalla ripetizione di sillabe come ta-ta pa-pa ma-ma. I genitori e i nonni ripetendo queste sillabe stimolano il piccino nello sviluppo del linguaggio. Non solo il bambino presta attenzione alla pronuncia di chi lo circonda, ma anche al volume del suono, imitandolo.

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Solo dai 10-15 mesi compaiono le prime parole nel neonato. Un bambino 13 mesi ha un bagaglio di una decina di parole, che rappresentano il mondo del bebè: mamma, papà, nonni, pappa… Ogni parola ha un significato ben conosciuto al piccino, nonostante possa pronunciarle male.

Secondo gli esperti quando i bambini iniziano a parlare, i termini che usano sono afferenti a 2 categorie: i nome dei familiari e degli oggetti che conoscono e quelli utili alle relazioni sociali, come “finito”, “ciao”, “no” accompagnati dai gesti.

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Dai 18 ai 20 mesi le parole aumentano sempre di più. I bambini dai 21 mesi iniziano ad associare 2 parole per costituire una frase: tipo “palla nonno” per invitare il nonno a giocare con lui.

Capita che il bambino esprima un linguaggio tutto suo che poi modificherà con l’inserimento nella scuola materna.
Relazionarsi con i coetanei e con adulti, diversi dai familiari, faciliterà lo sviluppo del linguaggio e quindi delle relazioni.

Solo dai 3 ai 6 anni il linguaggio si articolerà sempre più. Questa fase di sviluppo, che coincide con la frequenza della scuola materna, vedrà il bambino impegnato nel gioco simbolico, nell’imitazione differita, giochi in cui il linguaggio ha valenza rappresentativa. In questi anni il bambino sviluppa sempre più la sua capacità linguistica, impara tante parole ed è in grado di esprimersi in modo corretto, anche se non riesce ancora ad usare nel modo giusto i tempi verbali.

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Ritardo nel linguaggio: quando preoccuparsi

Quando si parla di ritardo nel linguaggio? Spesso quando il bambino a 2 anni non parla i genitori si allarmano, ma non sempre questa situazione è sinonimo di ritardo. Non sono pochi i casi di bambini che hanno iniziato a parlare più tardi, senza manifestare alcun problema. Alcuni bambini pronunciano male le parole fino a 4-5 anni, ma solo in pochi casi è necessario l’intervento di un logopedista.

I problemi che possono intervenire ad ostacolare la capacità linguistica sono tanti. Ci sono bambini che non parlano a causa di un deficit uditivo o altri problemi. Neonati colpiti da meningite batterica o soggetti a ricorrenti otiti, possono manifestare un ritardo nel linguaggio.

Poi ci sono problematiche afferenti il sistema neurologico. In questi casi i bambini non solo hanno uno scarso bagaglio linguistico, ma possono dimenticare il significato delle parole o non riuscire a comporre frasi con più di 2 termini all’età di 3 anni.

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Cosa fare se il bambino non parla

I genitori possono aiutare il bebè a sviluppare la capacità linguistica fin dalla nascita. Alcuni studiosi propongono di leggere delle fiabe o filastrocche al bambino, fin dalla vita nel pancione, per abituarlo a riconoscere la voce della mamma.

Sappiamo che alla nascita il piccino riconosce la fiaba letta dalla mamma, in modo costante, nelle ultime fasi della gestazione. Questo sarebbe importante per l’acquisizione della struttura del linguaggio.

Parlare al bebè fin dalla nascita lo stimolerà a rispondere, prima emettendo ridolini, poi sillabe, quindi le parole appena udite. Il linguaggio ha anche una valenza sociale e pian piano diventerà uno strumento importante per interagire con il mondo e manifestare i propri bisogni.

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Molto importante è anche leggere fiabe al bambino una volta che questo è in grado di capire: ascoltare le parole dei propri genitori aiuta il piccolo a comprenderle e ripeterle nel modo corretto. In poche parole, le fiabe e le favole possono aiutare lo sviluppo del linguaggio.

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Se vediamo che il nostro piccino ha difficoltà ad esprimersi, possiamo aiutarlo ponendoci davanti a lui, parlando lentamente, scandendo le parole in modo che possa imitarci. Sgridarlo o denigrarlo per gli errori che commette o per la lentezza nel parlare non lo aiuteranno a migliorare, anzi, sentendosi svalutato potrebbe perdere fiducia in sé stesso, decidendo di non parlare.

Se vediamo che il problema persiste e nonostante la stimolazione e il contatto con altri bambini la situazione non migliora, è bene affidarsi ad un esperto, ovvero un logopedista.

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