Allattamento, il distacco dal seno

Possono esserci molti motivi per interrompere l’allattamento: ci sono mamme che devono rientrare presto a lavorare e non hanno modo di tirarsi il latte, ci sono bambini apparentemente insaziabili ai quali si propone l’aggiunta (arrivando piano piano ad innescare il circolo per cui la produzione di latte materno diminuisce), oppure ad un certo punto il bebè semplicemente non è più interessato.

Ma come capire se mamma e bambino intendono abbandonare l’allattamento al seno? Un fattore da prendere in considerazione è il feeling della mamma: se la stanchezza, l’organizzazione familiare, la fatica è tale da non poter proseguire l’allattamento o da portare la mamma a sentirsi a disagio, allora si può gradualmente indirizzare il bebè al latte in formula (ben sapendo che comunque il latte materno è l’alimento migliore per il neonato).

Altro grande protagonista dell’allattamento è ovviamente il bebè. Può darsi che in fase di svezzamento, magari dopo l’introduzione della pappa serale, intorno agli 8-9 mesi, il bambino sia sempre meno interessato al latte materno, nonostante il latte resti un alimento importante nella sua dieta quotidiana. Il dialogo tra mamma e bambino rende comprensibili i segnali che l’uno invia all’altra: se il bambino non è più interessato al seno, la mamma lo capisce di sicuro.

In linea di massima, il consiglio di pediatri e puericultura è il seguente: l’allattamento al seno va avanti finché mamma e bebè (entrambi) lo desiderano. Questo significa che la mamma non dovrebbe “imporre” il seno ad un bambino che, con chiari segnali, dimostra di non volerlo più, né che la mamma debba allattare forzatamente contro la sua volontà.

Allattare al seno fino ai 6 mesi compiuti, in via esclusiva, è l’indicazione dell’OMS in merito all’allattamento materno, insieme all’invito a continuare anche dopo, ma solo finché mamma e bebè lo vogliono.

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