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Gravidanza a rischio: sintomi

I progressi della medicina, oggi, permettono di portare a termine gravidanze dette a rischio che, fino a poco tempo fa, erano causa d’incompatibilità con la nascita o con la salute della mamma. La gravidanza si considera a rischio quando il medico verifica l’insorgenza di precise condizioni di potenziale pericolo per il proseguimento della gestazione stessa, per la salute della donna o per il bambino.

Durante la gravidanza, infatti, possono insorgere patologie che necessitano di interventi mirati per scongiurare esiti nefasti. Tra queste vi sono: l’ipertensione con conseguente preeclampsia, per la formazione di edemi agli arti inferiori. In questi casi sintomi rilevanti possono essere, oltre alla pressione alta,eccessivo gonfiore, evidente ritenzione di liquidi. Il medico può accertare tali patologie controllando la presenza di proteine nelle analisi delle urine.

Durante il primo periodo di gestazione, la minaccia di aborto può manifestarsi con perdite di sangue e dolori al basso ventre. Le perdite ematiche possono evidenziare anche situazioni di placenta previa, che copre in parte o interamente il canale cervicale. L’ecografia, in questo caso può indicare con precisione la posizione della placenta. I problemi alla vista, frequenti cistiti, aumento della sete possono allertare il medico verso una diagnosi di diabete gestazionale.

Ci sono casi in cui la gravidanza a rischio è determinata da patologie materne preesistenti la gestazione. Quindi malattie autoimmuni, neurologiche, cardiache o respiratorie. In questi casi la gestante può manifestare un peggioramento dei sintomi di cui già soffre; ma nella maggior parte dei casi sono da subito oggetto di attenzione del medico che interviene con specifiche cure, idonee alla salute del bebè.

Infine ci sono situazioni che di per sé non sono patologiche, quindi asintomatiche, ma possono ostacolare il proseguimento della gravidanza o il parto, come le anomalie dell’apparato genitale femminile, pericolose perché causa di aborti spontanei o parti prematuri; la presenza di fibromi di grandi dimensioni, che possono interferire con lo spazio uterino per la crescita del bebè; l’obesità della donna afferente, spesso, al diabete gestazionale; così come un peso materno inferiore ai 45 Kg che può causare un basso peso alla nascita, per la scarsa disponibilità di nutrienti materni.

Per scongiurare problemi irreversibili i controlli periodici insieme all’osservazione e all’evoluzione dei sintomi sono aspetti fondamentali da non trascurare.