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Complicanze nei neonati prematuri: nuove speranze dalle cellule staminali

Nei neonati prematuri i rischi di complicanze sono tanto più alti quanto più grave è la prematurità. Tra i problemi più frequenti c’è l’incapacità di mantenere una adeguata temperatura corporea a causa dell’assenza di tessuto adiposo in particolare del “grasso bruno” che si sviluppa solo nelle ultime settimane di gestazione. È presente anche un aumentato rischio di infezioni a causa dell’immaturità del sistema immunitario e la difficoltà ad alimentarsi sia per una scarsa capacità di suzione e sia talvolta per un non completo sviluppo dell’apparato gastrointestinale, specie prima delle 32 settimane. L’ittero è particolarmente evidente e persistente nei neonati pre termine a causa della difficoltà ad eliminare la bilirubina e talvolta necessita di fototerapia.

Ma i rischi senza’altro più temibili sono legati alle anemie, dovute ad una non completa produzione dei globuli rossi e alle difficoltà respiratorie, dovute alla carenza di surfactante (sostanza che viene prodotta verso le 36-37 settimane) all’interno deigli alveoli polmonari e che ne garantisce il corretto funzionamento. Entrambe queste condizioni frequenti nei prematuri, possono portare ad una ipossia, cioè ad un ridotto apporto di ossigeno agli organi vitali: cuore, polmoni e cervello.

Questa complicanza come si può immaginare ha delle conseguenze molto gravi sulla funzioanlità di questi organi, come ad esempio la paralisi cerebrale. La paralisi cerebrale è un insieme di disturbi neurologici persistenti ma non progressivi che riguarda la sfera motoria, sensoriale e cognitiva. La manifestazione clinica può avvenire fino ai tre anni di età e la causa è proprio un ridotto afflusso di sangue e ossigeno al cervello, il più delle volte legato a problemi nel parto o nel post parto.

Nei neonati prematuri nati prima delle 32 settimane il rischio di sviluppare danni cerebrali permanenti a seguito di una paralisi cerebrale è pari al 50%. Pertanto, questi piccoli necessitano di una assistenza specifica, di sostegni terapeutici e di controlli serrati nelle terapie intensive neonatali per scongiurare queste evenienze. Il problema è che una eventuale danno cerebrale tutt’oggi non è facilmente diagnosticabile in un neonato, ma verosimilmente la diagnosi certa verrà posta solo quando il bambino comincerà a rifinire il suo lo sviluppo psicomotorio.

Nella cura della paralisi cerebrale però grandi speranze stanno arrivando dalle cellule staminali. Il primo trattamento di paralisi cerebrale con staminali avvenne in Germania nel 2009, ad opera del Professor A. Jensen, che iniettò nel paziente le cellule staminali prelevate dal suo stesso cordone ombelicale e successivamente conservate. Le cellule staminali come sperato hanno assolto un ruolo neurorigenerativo nel bambino, portandolo quindi ad un progressivo miglioramento.

Nel luglio 2013 un altro successo: una bambina Italiana di un anno e otto mesi, affetta da paralisi cerebrale da danno ipossico perinatale, ha ricevuto un trattamento con le sue stesse cellule staminali prelevate dal cordone, nell’ambito di uno studio clinico che si sta conducendo negli stati Uniti dal 2008. La bambina ha riportato un notevole miglioramento sia nell’ambito motorio che cognitivo, recuperando anche la capacità di parlare.

Attualmente due bambini Italiani di 4 e 8 anni affetti da paralisi cerebrale stanno partecipando allo studio clinico in Messico. Lo studio si concluderà questo stesso anno ma i risultati della prima fase sono positivi e sono già stati pubblicati sulla rivista internazionale Citoterapy.