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Pre parto: le fasi del travaglio

Il travaglio è l’ insieme delle fasi e dei cambiamenti (più o meno repentini, rispetto alle circa 40 settimane gestazionali) che si verificano nel giro di “qualche” ora per arrivare alla magnifica esperienza del parto, che sicuramente segnerà la vita di ogni singola mamma. La durata di ogni singolo travaglio varia da donna a donna, soprattutto nelle prime gravidanze in cui il momento di preparazione (prodromo) è senz’ altro più lungo e faticoso.

Nel corso del travaglio si verificano tutte le modificazioni che possano permettere l’ espulsione, quindi riguardano il collo dell’ utero (le cui variazioni vengono valutate sulla base del punteggio di Bishop circa la dilatazione, consistenza, appianamento), le contrazioni uterine, la discesa della parte presentata fetale, la condizione della borsa amnio-coriale.

Su tutti questi stadi, hanno un’ influenza fondamentale gli ormoni (prostaglandine e ossitocina in prima linea), i fattori ambientali (è testato che gran parte dei travagli e parti vengono espletati nel corso della notte e nelle prime ore del giorno, per fattori anche biochimici ed endocrini) e personali (lo stress e l’ ansia hanno rilevanti effetti inibitori sulla contrattilità dell’ utero).

Le fasi che porteranno al parto sono quattro. Possono variare in durata e “sfumature“, ma necessariamente si presentano nello stesso ordine e con le medesime caratteristiche.

Nel primo tempo si parla di fase prodromica, cioè la preparazione al travaglio, attraverso cui i tessuti materni iniziano lentamente a modificarsi, così da risultare spesso come poco evidente o, altre volte, ad evidenziarsi attraverso piccole contrazioni non frequenti né regolari, associate a dolore nel basso ventre, che coinvolga anche le gambe e la schiena. Il collo dell’ utero inizia a modificarsi e la donna “marca per la prima volta”, cioè elimina il cosiddetto tappo mucoso, non raramente associandosi a blande perdite ematiche, emblema dell’ iniziale modificazione e preparazione della dilatazione del collo uterino.

Nel secondo tempo ha inizio la vera fase dilatante del parto, in cui le contrazioni iniziano a presentarsi con maggiore frequenza e intensità, che da “fastidiose” iniziano a divenire anche dolorose. Questa contrattilità aiuterà la fase della dilatazione attiva che aiuterà la cervice uterina ad arrivare alla dilatazione completa (10 cm, con l’eliminazione di tutti i bordi anteriore, posteriore e laterali) e, soprattutto, faciliterà la discesa e l’ adattamento, prima, e il reale impegno, poi, della parte presentata fetale. Proprio questi concetti di adattamento e impegno della parte fetale rispetto al canale del parto e al bacino viene valutato sulla base di vari livelli (che va da -5 a +5), in cui il livello 0 è rappresentato dalle spine ischiatiche fondamentalmente, ma possono essere valutati altri punti di riferimento materni (sinfisi pubica, concavità sacrale) all’ atto della visita ostetrica.

In queste fasi la donna deve essere libera di gestire le contrazioni e il dolore nel modo che preferisce, non limitandosi all’ immobilità, ma variando le posizioni o, ancora, lasciandosi coinvolgere dall’ ostetrica in veri e propri esercizi di rilassamento, dove la respirazione e il training autogeno svolgono un ruolo principale. Non è impedito alla donna di bere né mangiare, naturalmente senza esagerare. Curioso è sapere che nel momento in cui la testa fetale inizia ad inserirsi all’ interno dello stretto medio inferiore, la donna potrebbe percepire una crescente sensazione di nausea o addirittura vomitare. Questo non deve assolutamente preoccupare la futura mamma né fare in modo che la donna non beva né mangi qualcosa prima del parto.

Lentamente in queste fasi avviene la distensione del segmento uterino inferiore, dotato di forte elasticità e la formazione del polo delle membrane, così da identificare la cosiddetta borsa delle acque, la cui rottura si verifica fisiologicamente nel corso del travaglio quando il collo è totalmente dilatato (tempestiva). Se la rottura si verifica prima del tempo si può parlare di rottura precoce o prematura o, spesso, può essere provocata in sala parto (amnioressi), allo scopo di accelerare il parto stesso (magari in attestata sofferenza fetale).

Una volta verificate tutte queste condizioni, prosegue la progressione fetale dovuta alla forza delle contrazioni per poter dare vita alla fase finale dell’ espulsione. Rotazione interna, disimpegno della parte presentata (spesso cefalica), rotazione esterna (o restituzione) attraverso cui le spalle fetali si dispongono sul diametro maggiore delle vie genitali materne, disimpegno spalla anteriore e posteriore ed espulsione delle restanti parti del corpo. Naturalmente nel caso di un parto podalico (spesso evitato con il taglio cesareo) le manovre sono più impegnative e complesse.

L’ultimo momento di questo magnifico viaggio è il secondamento, con espulsione della placenta e degli annessi fetali. Naturalmente viene clampato il cordone ombelicale attraverso delle pinze, chiamate Kocher (una verso il feto, una verso la madre) e poi tagliato dalle forbici.