foto bimbo in ospedale

Bambini, mamme e malasanità: dalla violenza ostetrica agli scambi di culla

Malasanità in italia: gli errori medici più comuni

Secondo quanto rilevato da numerose associazioni adibite alla tutela dei pazienti vittime di errori medici, in Italia vi sarebbero migliaia e migliaia di cause pendenti contro strutture sanitarie (private e pubbliche) e medici, mentre le richieste di risarcimento per danno biologico tenderebbero ad aumentare sempre più.

Ma cosa intendiamo quando parliamo di danno biologico?
Il danno biologico è un danno non patrimoniale conseguente alla lesione dell’integrità fisica o psichica di un soggetto, che ne comprometta, in maniera permanente o temporanea, le attività vitali.
Questo tipo di danno, è bene ricordarlo, deve essere risarcito poiché l’integrità fisica è un diritto costituzionalmente protetto. Sebbene la maggior parte delle denunce riguardi l’attività chirurgica e gli errori diagnostici, purtroppo non sono rari i casi di malasanità in ambito ginecologico e pediatrico.
Vediamo quindi insieme alcuni esempi e casi di errori medici che hanno coinvolto mamme e bambini.

Scambio di neonati in culla: un dramma che sovverte i disegni del destino

Considerato uno dei timori più grandi di mamme e neo-genitori, lo scambio di culla è tutt’oggi una realtà assai diffusa, ben lontana dall’essere solo l’idea originale per la trama di un film.
Reparto maternità, due neonati nati a pochi istanti di differenza, lo scambio di tutine, un braccialetto identificativo pediatrico troppo largo, un imperdonabile momento di distrazione… ed ecco che quello che potrebbe sembrare uno scherzo del destino si trasforma in dramma.
Che si tratti di un’azione dolosa o di imperdonabile negligenza, lo scambio dei bebè in culla porta sempre con sé pesanti conseguenze psicologiche per genitori e bambini, vittime ignare di un errore che diverrà ben presto una vera e propria tragedia.

scambio di culla

Impossibile dimenticare lo scambio di bebè avvenuto in Russia nel 1987. La vicenda che ha indignato l’opinione pubblica ha coinvolto le due famiglie di Zoya Tuganova Chelyabinsk ed Elvira Tuligenova.
In seguito a un fatale errore, una piccola nata lo stesso giorno della sua bimba era infatti stata consegnata a Zoya, che sin da principio aveva sospettato che quella non fosse sua figlia. Era stata l’equipe ospedaliera, minacciando anche di sottoporla a perizia psichiatrica, a convincerla del contrario e così la piccola fu chiamata Katya.
Fu così che la bimba data alla luce da Zoya, chiamata Luciya, fu invece affidata a Elvira Tuligenova. Il compagno della donna però, non notando alcuna somiglianza con la bimba, si rifiutò di riconoscerla e, convinto da tempo che la moglie avesse un amante, finì in carcere per aver ucciso il presunto amore segreto della donna. La Tuligenova quindi, dilaniata dal dolore, si lasciò andare alla dipendenza da alcool, morendo pochi anni dopo.
Luciya e i suoi fratelli, ormai soli, avrebbero trascorso tutta la loro adolescenza in un orfanotrofio finché Katya, figlia non naturale di Zoya, venuta a sapere dalla madre del possibile scambio di culla, decise di aiutare l’ormai anziana mamma a ricongiungersi con la sua piccola.
Ecco le parole di Katya, scampata a un triste destino e intenzionata a ritrovare la figlia biologica di sua madre.

Quando l’ho vista ho notato subito la somiglianza. Sono distrutta dal sapere che vita ha dovuto fare: non ha studiato e oggi ha tre figli, non ha un impiego e suo marito fa dei lavoretti saltuari. È una persona tranquilla e umile. Vedevo mia madre stare male e volevo aiutarla a trovare sua figlia e così, dopo tanto tempo passato a cercare, siamo riusciti a riunirci.

Zoya, oggi settatenne, chiede giustizia e dichiara di ricordare alla perfezione i nomi dei dottori che trent’anni prima la volevano sottoporre a una perizia psichiatrica solo per aver fatto loro notare che la piccola che le avevano consegnato non era sua figlia. Un errore, quello del personale sanitario, che aveva donato a Katya un’infanzia felice condannando Luciya a una vita da incubo.

bambina piange

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Violenza ostetrica: quando il parto diventa un trauma incancellabile

Il parto, si sa, è un momento di cruciale importanza nella vita di una mamma. Capita di frequente però che la nascita di un bambino, dono prezioso nella vita di ogni famiglia, non sempre sia vissuta dalla gestante come un’esperienza positiva. A volte il parto può lasciare profondissime cicatrici emotive, gettando molte donne nello sconforto e trasformandosi in un’esperienza traumatica.

Ma cos’è la violenza ostetrica? Cerchiamo di comprendere insieme questo fenomeno di cui si parla troppo poco ma che rende moltissime donne protagoniste di episodi sgradevoli e dolorosi.

Definita per la prima volta in ambito giuridico nel 2007 dalla Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia del Venezuela – Articolo 15(13) -, la violenza ostetrica è:

L’appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano, nell’abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione dei processi naturali avendo come conseguenza la perdita di autonomia e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna.

donna partoriente

Quante mamme al giorno d’oggi denunciano di non aver ricevuto abbastanza assistenza in sala parto? Quante donne dichiarano di aver ricevuto insulti ed essere state oggetto di scherno mentre davano alla luce i loro bambini?

Per comprendere quali siano nel dettaglio i comportamenti che L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) annovera tra gli atteggiamenti irrispettosi, scorretti e abusanti ai danni delle partorienti, affidiamoci quindi alle preziose informazioni raccolte e divulgate dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia) .

Tra i comportamenti e gli abusi che vanno a costituire un illecito, dando vita alla violenza ostetrica, troviamo:

  • Abuso fisico diretto.
  • Profonda umiliazione e abuso verbale.
  • Mancanza di riservatezza.
  • Mancanza di un consenso realmente informato.
  • Rifiuto di supportare la donna con un’adeguata terapia per il dolore.
  • Procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione).
  • Gravi violazioni della privacy.
  • Rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere.
  • Trascuratezza nell’assistenza al parto che diano vita a complicazioni altrimenti evitabili e che mettano in pericolo la vita della donna.
  • Detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita dovuta impossibilità di pagare un trattamento.
  • Comportamento irrispettoso e abusante nei confronti di donne che vivono condizioni particolarmente delicate (adolescenti, donne non sposate, donne in condizioni socio-economiche sfavorevoli, donne appartenenti a minoranze etniche, donne migranti e donne affette da l’HIV).

violenza ostetrica

Risale all’estate del 2017 la denuncia shock di una madre maltrattata durante il parto. La donna, una biologa di Caserta, ha deciso di non tacere, ripercorrendo con coraggio la vicenda e trascrivendo il tutto in una lettera indirizzata all’ospedale e riportata da Repubblica.
La neo-mamma ha raccontato di essere stata trattata “come una bestia” dall’ostetrica che avrebbe dovuto prendersi cura di lei. Costretta a raggiungere la sala parto a piedi nonostante non riuscisse a camminare dopo la rottura delle acque, alla donna sarebbe stato urlato: “Abbassa questo culo, che fai la ballerina?” mentre lei, per il forte dolore, tendeva a sollevare il bacino dalla sedia.
Sentendosi abbandonata e per nulla sostenuta nel momento del parto, la donna ha dichiarato che il peggio sarebbe giunto dopo la nascita della sua bimba.

Dopo il parto sanguinavo molto e l’ostetrica con modi sgarbati e mortificanti mi puliva come se stesse trattando una bestia, schifata, come se io non fossi una persona e lamentava continuamente di sentire caldo, mentre io soffrivo su quella maledetta sedia.

In seguito alla vergognosa vicenda, il Direttore generale dell’ospedale ha dichiarato:

Capiremo in tempi brevi come sono andate le cose. È un dovere anche nell’interesse dei dipendenti che lavorano con abnegazione e vedono sacrificati i propri sforzi per colpa di pochi. Ascoltare i pazienti aiuta a raggiungere il nostro obiettivo: garantire salute.

mamma con pancione

Segnaliamo alle mamme che ci seguono e ai nostri lettori la campagna mediatica “Basta tacere: le madri hanno voce”, gestita e lanciata dall’Osservatorio sulla violenza ostetrica per consentire alle mamme di raccontare senza timori le loro esperienze dolorose durante l’assistenza alla nascita.

una mamma e il suo bambino

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La responsabilità medica: errori di medici e anestesisti

Interventi errati, diagnosi formulate in ritardo e accertamenti non prescritti sono solo una piccola parte degli errori che i medici possono, loro malgrado, commettere, causando danni irreparabili per i pazienti e mettendo a repentaglio la vita di questi ultimi. Ma di cosa parliamo quando parliamo di responsabilità medica? Concetto fondamentale in ambito di malasanità, la responsabilità medica è quella “responsabilità che risulta essere conseguenza diretta di danni che vengono arrecati a un paziente quando il dottore non interviene prontamente in soccorso, commette un errore o risulta essere colpevole di omissione“. Errori diagnostici, terapeutici e omessa vigilanza consentono quindi ai pazienti di chiedere un risarcimento danni e mettono il medico nella condizione di subire una sanzione penale.
Fondamentale per chiarire il concetto di responsabilità medica è la riforma Gelli del 2017, pensata per definire l’iter specifico da seguire in caso di errore medico, salvaguardando così i diritti del paziente danneggiato ma anche la professionalità dei tanti medici che lavorano con passione, scrupolo e dedizione.

medici in sala operatoria

Come dimenticare il caso del bebè di venti giorni deceduto a Torino il 2 febbraio del 2019 per una polmonite fulminante non diagnosticata? Il piccolo, visitato dai medici dell’Ospedale Maria Vittoria in seguito e forti attacchi di tosse, rifiuto del latte materno e ipersonnia, era stato dimesso con la diagnosi di rinite da curare con un semplice aerosol e lavaggi nasali.

In seguito al decesso del piccolo, la Procura di Torino ha quindi aperto un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti. I dottori infatti avrebbero sottovalutato la condizione del neonato, riducendo una broncopolmonite a una banale rinite.

Secondo quanto riportato da Repubblica, l’autopsia sarebbe stata eseguita dal medico legale Francesco Bison che ha stabilito che il bambino sarebbe stato colpito da broncopolmonite “ab ingestis” causata dell’ingresso di materiali estranei nell’albero bronchiale, in questo caso probabilmente una piccola quantità di latte che gli era andato di traverso.

I genitori, Said Elhajjajy e Fatna Oumir, straziati dal dolore per la perdita del loro bambino, chiedono a gran voce giustizia.

Vogliamo solo giustizia. Stava male e così l’abbiamo portato al pronto soccorso. Ma l’hanno visitato, dimesso e gli hanno prescritto l’aerosol. Abbiamo fatto tutto ciò che ci è stato detto ma, la mattina del 2 febbraio, nostro figlio ha girato gli occhi, ha perso i sensi. Abbiamo chiamato il 118: i medici hanno cercato di rianimarlo per quasi un’ora. Poi l’hanno portato all’ospedale, ma quando siamo arrivati ci hanno detto che non ce l’aveva fatta. Ora continuiamo a guardare le sue foto: è tutto ciò che ci rimane.

diagnosi di uscita bimbo deceduto per polmonite
Il foglio di dimissioni con la diagnosi di rinite consegnato ai genitori del bimbo deceduto in seguito a una polmonite fulminante.

Resa nota dal programma televisivo Le Iene (che si era occupato di descrivere con cura gli errori medici della struttura ospedaliera) la storia della piccola Eleonora è senza dubbio uno dei casi di malasanità più gravi ed eclatanti del nostro paese.
Tetraplegica e invalida al 100% dalla nascita, la bambina deve la sua condizione ad alcune lesioni neurologiche intervenute durante il parto, portato a termine all’ospedale di Rovigo nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 2008.

La felicità per la nascita della sua piccola, che durante i monitoraggi effettuati in gravidanza era stata definita un feto sano e con i giusti parametri di crescita, si è trasformata per mamma Benedetta in un vero e proprio incubo. Una serie di gravi errori portati a termine dal personale medico durante il parto avrebbero relegato la piccola in una condizione di dolore e disagio col quale convive da dodici anni.

Giunta in ospedale con lancinanti dolori, la mamma era stata rassicurata dai medici che, ignorando le indicazioni del ginecologo di fiducia della donna, non avevano voluto procedere con un parto cesareo.

Stavo malissimo, la bambina spingeva e era posizionata male. Ho chiesto disperatamente il cesareo e mi è stato negato dicendo che andava tutto bene.

Queste le parole della donna, sottoposta a taglio cesareo d’urgenza quando ormai era troppo tardi. Dopo quasi quattro ore di travaglio e tanti errori da parte delle ginecologhe che avevano preso in cura la gestante, la bimba è venuta al mondo riportando gravissimi problemi.

I medici responsabili di tanto dolore sono stati condannati a pagare un risarcimento di 4,7 milioni di euro alla famiglia che da anni è costretta ad affrontare ingenti spese per le cure di Eleonora. Il risarcimento andrebbe infatti a coprire la spesa di circa tremila euro al mese per 70 anni, somma che i genitori della piccola dovranno spendere vita natural durante per le cure della loro figlia.

C’è chi però sentenzia sull’aspettativa di vita della bimba, sostenendo che 70 anni siano troppi per una piccola vessata da tanto dolore, causato (è bene ricordarlo) dagli errori dei medici che avrebbero dovuto proteggerla. Le compagnie assicurative coinvolte nella causa infatti hanno valutato il risarcimento troppo alto dal momento che alla piccola Eleonora, secondo i pronostici di alcuni medici, non rimarrebbe molto da vivere.

Eleonora tetraplegica in seguito a errori durante il parto
Un frammento fotografico dell’inchiesta giornalista de “Le Iene” sulla triste vicenda di Eleonora, invalida al 100% a causa di errori medici al momento del parto.

Ecco le parole dei genitori di Eleonora, riportate da Il Mattino.it

Non possiamo che provare rabbia, stanchezza e frustrazione, nel vedere come nostra figlia sia considerata come un oggetto, senza un cuore e senza un’anima: per soldi si infierisce ancora su una bambina che è stata condannata ad una vita in gabbia per colpa di errori altrui e qualcuno si permette di dire quanti anni vivrà senza nemmeno visitarla, dicendo che siccome morirà presto dobbiamo restituire il risarcimento che il giudice in primo grado ha deciso con una sentenza esecutiva.
Ma queste persone come fanno a guardarsi allo specchio? Vorrei vedere loro al posto nostro davanti a medici che senza nemmeno visitare nostra figlia si permettono di dire quanto vivrà, parlando della sua morte così, solo affidandosi alle statistiche, ma non sapendo nemmeno quali sono le sue condizioni. Perché non sanno che non è attaccata a macchinari, che fa musicoterapia, che sorride, che ha un suo carattere, che si esprime, che va in piscina, che fa dei lavoretti con le maestre di sostegno, che canta con suo papà, che non ha mai avuto crisi epilettiche e che i farmaci li prende per prevenzione, che mangia autonomamente, anche se imboccata, perché le sue manine non stanno dritte. Questa è la sua vita, non l’ha scelta lei e lei non ha colpe. Le colpe sono di altri: se fosse stato fatto un cesareo sarebbe una bambina normale.

Il video del programma televisivo Le Iene, che al caso ha dedicato un’approfondita inchiesta giornalistica, è disponibile sulla pagina ufficiale del programma tv al seguente link:

https://www.iene.mediaset.it/video/ruggeri-figlia-invalida-per-molti-errori-medici-nessuno-paga_249419.shtml

Figura fondamentale in ambito sanitario è senza dubbio anche il medico anestesista. Ed è proprio l’assenza di anestesisti in una struttura ospedaliera di Vibo Valentia che ha spinto una mamma a incolpare i medici per aver perso il suo piccolo.
Secondo quanto riportato da Ilfattoquotidiano.it, la gestante, dopo aver effettuato un controllo di routine, era in attesa di essere chiamata per subire il taglio cesareo. Stando a quanto hanno dichiarato dai famigliari della donna, la trentaduenne avrebbe atteso a lungo la chiamata per poi recarsi in ospedale e sentirsi dire che mancavano anestesisti nella struttura. Invitata a tornare l’indomani, la ragazza avrebbe nel frattempo perso il piccolo che portava in grembo.

corridoio d'ospedale

L’Azienda sanitaria di Vibo Valentia ha disposto immediatamente un’ispezione interna pur rigettando con forza le accuse della famiglia della ragazza. La difesa dell’ospedale infatti ha diramato una nota ufficiale nella quale afferma che il feto era già morto.
Leggiamola insieme:

La signora il 26 settembre, essendo alla 37esima settimana di gravidanza, si è presentata nel reparto di Ostetricia e Ginecologia del Presidio Ospedaliero di Vibo Valentia per i previsti accertamenti sanitari. In tale circostanza, la paziente, oltre alla visita preventiva, veniva sottoposta agli esami di laboratorio e strumentali (prelievo del sangue, ecografia, flussimetria, elettrocardiogramma, etc.). Non emergendo problemi a carico del feto e della stessa paziente, quest’ultima è stata rinviata al proprio domicilio non prima di concordare con i sanitari un ricovero programmato per il 10 ottobre (39° settimana di gravidanza), al fine di procedere con il parto cesareo. Alle 10,21 di oggi la signora è stata sottoposta ad ulteriori controlli, dai quali purtroppo è emersa la presenza di un feto premorto.

ferri sala operatoria

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Il delicato ruolo dell’infermiere: quando a sbagliare sono i paramedici

Prezioso e importante quanto quello del medico, il ruolo dell’infermiere è fondamentale per i pazienti, di fatto monitorati costantemente dal personale infermieristico. Ma cosa accade quando sono gli stessi paramedici a manifestare noncuranza e negligenza nei confronti dei malati?

infermiere e medico

Nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2017, a Verona, un’infermiera di 43 anni avrebbe somministrato una dose di morfina a un neonato senza alcun tipo di indicazione o necessità medica col solo obiettivo di farlo calmare.
Il bambino, sano, sarebbe dovuto tornare a casa il giorno seguente ma nella notte avrebbe subito ripetute crisi respiratorie che hanno insospettito i medici. Fino a quel momento infatti il piccolo era stato bene e non aveva manifestato alcun tipo di problema.
Immediatamente trasferito in una stanza di cura intensiva per essere rianimato, il piccolo andava peggiorando ma l’infermiera, intervenuta pur sapendo di essere la responsabile di quella tragedia evitata per un soffio, avrebbe ordinato di somministrare al piccolo un farmaco per contrastare l’azione degli oppiacei.
Da ulteriori accertamenti è emerso poi che il bambino aveva subito l’arresto respiratorio proprio a causa della morfina, somministrata di regola nei bimbi per via endovenosa.
A insospettire il personale medico, proprio il comportamento della donna, che con fermezza avrebbe proposto l’utilizzo di un farmaco anti-oppiacei. Nel corso delle indagini avviate dalla Asl, un collega dell’infermiera avrebbe poi confessato che la donna gli aveva rivelato di dare abitualmente morfina ai neonati per farli calmare e placarne il pianto, facendola assumere ai piccoli per bocca o naso.
La donna ha poi ammesso di aver dato la morfina al piccolo, definendolo “rognoso” ed è stata tratta in arresto dalla Polizia di Verona in seguito ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Livia Magri su richiesta del pm Elvira Vitulli.

bambino piange

Che dire poi del video shock che ha indignato moltissimi utenti della rete? Le immagini risalgono al mese di giugno del 2019 e ritraggono due infermiere di turno ignorare le urla e il pianto di un piccolo paziente ricoverato. Le donne infatti, intente a mettersi lo smalto, avrebbero preferito dedicarsi alla manicure invece di assistere i bimbi ricoverati in reparto.
A incastrare le due infermiere di turno nel reparto di pediatria dell’ospedale di Nola, in Campania, un video girato dalla mamma del piccolo di appena sei mesi, successivamente diffuso e commentato dal consigliere regionale dei Verdi e membro della commissione Sanità in Campania, Francesco Emilio Borrelli.

Ciro Carbone, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli, è intervenuto sulla grave vicenda e ha dichiarato:

Attenderemo che l’Asl Napoli 3 e i vertici dell’Ospedale di Nola completino l’indagine interna già avviata. Non un giorno di più. Dopodiché, se fosse confermato che iscritti all’Ordine degli infermieri di Napoli si siano resi protagonisti di comportamenti tanto gravi e lesivi del buon nome della professione e dei suoi principi deontologici, prenderemo tutti i provvedimenti disciplinari previsti.

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Medici e infermieri: eroi dei giorni nostri

Dopo aver dato voce ad alcuni casi di malasanità del nostro Paese, ci preme ricordare ai nostri lettori e alle mamme che ci seguono il lavoro lodevole di tantissimi medici e infermieri che ogni giorno, in Italia e nel mondo, salvano vite e riportano speranza e sorrisi nelle famiglie di tanti pazienti. Se è vero infatti che i casi di negligenza medica vanno individuati per tutelare chi si affida alle cure della sanità pubblica, è altrettanto vero che il lavoro di medici e infermieri in primis dovrebbe essere salvaguardato estirpando le “erbe infestanti” che si insinuano nel tessuto sano di un sistema sanitario efficiente e prestigioso. (In fatto di efficacia infatti, secondo dati Ue e Ocse del 2016, il nostro sistema sanitario si posizionerebbe tra i migliori).

D’altronde è stata proprio la recente pandemia di Covid-19 che tutt’oggi vessa la nostra nazione e il mondo intero a consentirci di apprezzare l’operato di moltissimi medici e infermieri che, andando incontro volontariamente a grandi rischi e turni estenuanti, hanno fatto del loro meglio per curare i pazienti contagiati e arginare l’estendersi di questo pericoloso virus.

In questo video (fonte Ansa) medici e infermieri dell’Ospedale San Martino di Genova ballano sulle note di “Quédate en casa” (Chiuditi a casa) di Ariel de Cuba per festeggiare il calo dei contagi da Coronavirus.

Solo lo scorso aprile, 105 medici e 28 infermieri hanno perso la vita a causa del Coronavirus, sacrificandosi con coraggio per la collettività.
A loro dedichiamo questo approfondimento, nella speranza che il loro operato sia d’esempio a chi ha invece arrecato sofferenza ai propri pazienti con una condotta negligente e deontologicamente scorretta.

medico culla l'Italia

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Attenzione! Ricordiamo a tutti i nostri lettori che le informazioni riportate, per quanto approfondite e redatte in base a fonti attendibili e ufficiali, non costituiscono parere medico. Ricordiamo altresì che i documenti video e le indicazioni riguardanti i vari percorsi di cura e iter diagnostici non sostituiscono in alcun modo il parere di uno specialista.