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Gestosi in gravidanza

Gestosi in gravidanza: che cos’è

La gestosi gravidica è una sindrome comprendente segni clinici come edema, proteinuria o ipertensione, che compaiono singolarmente o in associazione. Cosa è? In genere è un disturbo progressivo che compare dopo le 20 ws di gestazione e scompare dopo il parto; allo stato attuale è difficile attuare manovre preventive per questa condizione, tuttavia il monitoraggio attento e puntale della gravidanza, una volta fatta una corretta diagnosi, favorisce buoni esiti sia per la mamma che per il nascituro.

Gestosi

Il termine gestosi, in realtà, è caduto in disuso a favore della dicitura preeclampsia, che indica sempre l’insorgenza di un disordine pressorio, ma si concentra anche su tutta la sintomatologia complementare all’aumento della pressione arteriosa. I sintomi, come già detto, sono l’aumento della pressione e delle proteine nelle urine; ovviamente esistono e persistono sintomi conseguenti ai primi: il mal di testa persistente, la vista offuscata e sensibile alla luce e il dolore addominale. In questi casi la gravidanza va attenzionata per il rischio di HELLP syndrome o eclampsia nel post-partum.

Proteine nelle urine

La proteinuria, ovvero la presenza di proteine nelle urine, è una condizione meritevole di approfondimento diagnostico, specie durante i 9 mesi di gestazione. Di norma, le proteine sono assenti tranne nei casi in cui non si inneschi un processo patologico come l’ipertensione o il diabete. In relazione alle urine raccolte nelle 24 ore i valori sono: microalbuminuria (30-150 mg), proteinuria lieve (150-500 mg), proteinuria moderata (500-1000 mg) e proteinuria grave (1000-3000 mg); prima di questo esame altamente preciso, è possibile fare un semplice screening con un dipstick urinario, la cui lettura varia da proteine assenti o tracce di proteine, che sono valori approssimativi ma normali, fino a proteine più alte superiori a 1000 mg/dL.

Di recente, al posto dello stick o delle urine delle 24 ore, viene utilizzata una nuova tecnica basata sulle concentrazioni di albumina (la più abbondante proteina plasmatica) e creatinina (un prodotto di rifiuto del metabolismo delle cellule muscolari), sfruttando le modificazioni di questi due parametri, indotte dall’alterazione funzionale della gravidanza. Ad esempio, l’albumina non è presente nelle urine, o comunque è sempre inferiore ai 15 mg, se invece abbiamo tracce dai 30 ai 300 mg nelle 24 ore si parla di microalbuminuria; tuttavia in condizioni ipertensive che rendono il rene incapace di un filtraggio ottimale, l’albumina aumenta. Poi, per la stessa motivazione è possibile che la creatinina aumenti significativamente, dando questi sintomi: una minzione dolorosa e/o frequente, disidratazione, affaticamento, e gonfiore ai piedi.

Una proteinuria alta indica comunque troppe proteine presenti e quindi va rilevata qual è la causa che ne favorisce l’accumulo. La causa più accreditata in gravidanza è la preeclampsia o le infezioni urinarie a cui la donna è particolarmente soggetta in questo periodo della vita.

Preeclampsia

Da qualche tempo viene correlato il disordine ipertensivo all’insufficienza placentare, nel senso che a monte il trofoblasto (precursore della placenta) non ha invaso correttamente l’utero (decidua e miometrio) materno innescando così un inadeguato letto vascolare a supporto della placenta stessa. Quindi l’alterazione dei vasi sanguigni grossolanamente colpiti da questa invasione ha fatto si che i livelli pressori subissero un’eccessivo aumento; per tale ragione la gravidanza gemellare amplifica questo scompenso sia perché la placenta può essere doppia o perché l’unica che alimenta i feti può essere notevolmente stressata. La diagnosi oltre che laboratoristica può essere ecografica, attraverso lo studio della flussimetria delle arterie uterine dalle 24 ws di gestazione; oggi però operatori esperti la eseguono come screening del I trimestre perché considerano le 24 ws troppo tardive, e a malattia ormai in stato di avanzamento.

Oltre al controllo della sintomatologia, l’unica cura alla preeclampsia è il parto spontaneo che meglio del taglio cesareo favorisce un graduale ritorno alla normale fisiologia pre-gravidica della donna. Tuttavia quando nonostante la terapia farmacologica la pressione resiste rimanendo alta, è consigliabile un’induzione del travaglio, ovviamente se le condizioni del nascituro e il grado di sviluppo in utero sono permittenti. I rischi di un parto indotto sono ovviamente un dolore aumentato perché innaturale, la sofferenza fetale, e la possibilità che non funzioni. Nel post-partum è necessario controllare l’insorgenza di convulsioni tonico-cloniche (eclampsia).

La preeclampsia, se non controllata, può evolvere in sindrome HELLP: emolisi (H), aumento degli enzimi epatici (EL), piastrinopenia (LP). La diagnosi viene supportata da un prelievo di sangue che indica l’aumento delle transaminasi e le piastrine basse, oltre che l’aumento della bilirubina superiore a 1,2 mg per effetto dell’emolisi. Il 90% delle donne che ricevono diagnosi di HELLP hanno come primo sintomo un dolore epigastrico (stomaco) o in corrispondenza del quadrante destro (insufficienza epatica) e a seguire malessere generale seguito da nausea e vomito.

Pressione alta in gravidanza

Fisiologicamente a inizio di gravidanza la pressione tende ad abbassarsi, e per compensazione compare la tachicardia che ristabilisce comunque una situazione di equilibrio nella funzionalità cardiaca che deve adattarsi alla placenta e al feto. L’ipertensione può comunque non essere indotta dalla gravidanza, bensì essere presente già prima delle 20 ws o prima ancora che la donna rimanesse incinta (ipertensione cronica). Quando però si instaura una situazione concomitante alla gestazione ad aumentare è principalmente la minima, ma anche questa è una caratteristica dell’ipertensione gestazionale. I sintomi sono sovrapponibili a quelli della gestosi, ma più sintomi raccogliamo più aumentano le conseguenze; infatti, diversi studi hanno evidenziato la persistenza dell’ipertensione anche dopo il parto, o un rallentato ritorno alla normale funzionalità epatica o renale, che purtroppo potrebbe essere compromessa del tutto.

Pressione in gravidanza

Pressione in gravidanza

Quanto deve essere e quali sono i valori? La pressione arteriosa anche in gravidanza ha valori normali di 120/80 mmHg; però abbiamo già preannunciato l’ipotensione indotta dalle prime settimane di gestazione e quindi un valore di 90/60 mmHg va comunque benissimo. Da attenzionare sono valori oltre i 140/90 mmHg o peggio 160/110 mmHg che devono essere riferiti al più vicino Pronto Soccorso Ostetrico che provvederà alla cura della donna con tale disagio. La pressione ha un forte legame con la presenza di edemi: ad esempio, un intenso gonfiore alle caviglie o alle mani, può indicare uno scompenso o essere un normale sintomo di ritenzione idrica prima del parto, quando il corpo si prepara a perdere molti liquidi e quindi per prima cosa li accumula.

Un cenno, infine, alla trombofilia, ovvero un disordine congenito nei meccanismi di coagulazione materni. La trombofilia, più di altre malattie favorisce l’incremento pressorio anche in epoche gestazionali assai precoci ed è un fattore di rischio certo di preeclampsia. Pertanto è fondamentale la somministrazione di eparina in gravidanza che fluidifichi il sangue e impedisca la formazione di trombi; il dosaggio varia da donna a donna e rientra nelle competenze del ginecologo curante che prende in carico il monitoraggio dei 9 mesi e del dopo parto.