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“E’ mio!”: cosa fare quando il bambino lo dice spesso

Dopo aver imparato a dire “mamma” e “papà“, la maggior parte dei bambini comincia a pronunciare con insistenza ed egoismo queste parole: “è mio“. Questa tappa fondamentale del piccolo si divide in due momenti: il primo dove il bambino dà per scontato che sia tutto suo; il secondo in cui sente la necessità del possesso.

Affermare il proprio senso di appartenenza sull’altro è in realtà un bisogno per il bambino che vede se stesso prima di qualunque altra persona o cosa. La fase del “mio” è importante perché il piccolo inizia a formare il proprio “io” che viene prima del “tu”. Il piccolo prende così consapevolezza del proprio essere e anche del proprio corpo, che gli permette di afferrare un determinato oggetto desiderato ardentemente.

E’ facile vedere al parco bambini che litigano per contendersi palloni o secchielli. Le madri, vergognate dal comportamento capriccioso dei figli, per ovviare cercano di comprare giochini uguali fra loro, ma poi non riescono a spiegarsi come mai quello che ha in mano l’altro attrae lo stesso il proprio bambino, sebbene sia identico. Inoltre alcuni piccoli per affermare il senso di possesso mordono, spingono o graffiano l’eventuale contendente in questione.

Il concetto di possessione quindi inizia a preoccupare i genitori che sono anche privi di entrare in un negozio senza acquistare ciò che il bambino afferma urlando e protestando di volere. Il concetto del “mio” infatti fa seguito in egual modo al concetto del “volere” perché: “voglio ciò che deve essere mio” e questo crea spesso un bambino viziato.

E’ bene quindi far capire il concetto di condivisione quando si contende un gioco con un compagno, e ancora spiegare che la mamma non può acquistare ogni cosa in un negozio perché non tutto ciò che vede è suo. E queste spiegazioni sono fondamentali e vanno fornite sin da piccoli perché molti genitori con figli più grandi, per zittirli nei loro capricci di possessione, inventano scuse del tipo “Non ho soldi per comprare” e questo crea nel bambino sentimenti contrastanti. La situazione può così complicarsi: il piccolo credendo alla bugia della madre, potrebbe comunicare la notizia riguardante la mancanza di denaro in famiglia a negozianti o compagni, ingrandendo la menzogna detta dal genitore.

Ma il senso di possessione, superati i due anni potrebbe anche riapparire nel bambino in casi particolari come la nascita di un fratellino: così il primogenito, per affermare il suo territorio e per rivendicare le attenzioni che gli vengono tolte in favore del nuovo arrivato, inizia a tenersi stretto al petto tutti i pupazzi e i giochi circostanti riaffermando così il concetto del “mio”.

Anche in questo caso la parola chiave che deve essere spiegata dal genitore è: condivisione. Non bisogna perciò allarmarsi per il fatto che il proprio pargolo tenda a voler avere tutto fra le sue mani, perché non si è creato un piccolo despota, ma anche questo fa parte dello sviluppo del bambino e dell’ educazione che deve essergli impartita per imparare poi a vivere nella società.