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Diario della gravidanza, la diciottesima settimana

Quando si hanno bambini piccoli è vietato ammalarsi. Non parliamo poi di avere la febbre o di stare una giornata a letto a riposarsi. Beh, in questi giorni mi sono beccata l’influenza intestinale che sta girando in questo periodo: per fortuna che c’era mio marito a casa per stare con la piccina. Ma se avessi già avuto anche il bambino che sto aspettando? Come si gestiscono questi imprevisti? Credo che la soluzione sia vivere non solo alla giornata, ma “vivere al minuto”.

Comunque per ora è tutto molto ipotetico: una nuova persona che si aggiunge al nucleo familiare, un ovetto in più in macchina, le esigenze di due bambini con 20 mesi di differenza… e tutto il resto! Per capire come sarà devo proprio arrivarci.
A furia di fare queste ipotesi e pensieri sono già alla diciottesima settimana di gravidanza. Entro Natale toccherò la ventesima, la metà di questo percorso. Se mi ricordo bene dalla mia prima attesa, dopo la 20esima il tempo vola via in un soffio, come le vacanze d’estate o i momenti belli.

Complici i volantini e i cataloghi che mi arrivano per posta e per mail in questo periodo, ho cominciato a fantasticare sull’oggettistica che potrà servirmi per l’arrivo del secondo figlio o su quello che proprio non mi servirà. Oltre al fatto che da quando sono mamma mi arrivano esclusivamente programmi di fidelizzazione di negozi e marchi per bambini e pubblicità di sconti e promozioni di pannolini, qualcosa d’interessante l’avrei anche trovata: una rampa universale da attaccare al trio e sulla quale potrà salire la mia prima bambina, in modo da fare subito coppia con il fratello anche quando siamo in giro, e un marsupio ultra-tecnico anti mal di schiena. Ci penserò.

Tra le tante cose meravigliose del diventare madri, c’è l’aspetto davvero inimmaginabile di come possono cambiare, evolvere ed intrecciarsi nuovi rapporti, oltre che con il proprio nucleo familiare, anche con le famiglie d’origine, con la rete allargata, ma anche con le persone sconosciute. Nasce spontaneamente un’empatia con gli altri che ti fa capire in modo più rapido le loro storie e le loro esigenze. Me ne accorgo di continuo: essere mamma e soprattutto, credo, il fatto di essere in procinto di diventarlo “di nuovo”, mi fa comportare in modo familiare anche con persone che non ho mai visto, semplicemente perché posso intuire molto del loro vissuto e della loro quotidianità.

In questi ultimi giorni la mia prima bambina, di 15 mesi, ha cominciato a divertirsi ad indicare le parti del corpo e a chiamarle per nome una per una: “testa”, “naso”, “occhi”, “piedi”, “mani” e… “pancia”. Quando si batte le manine sulla pancia ridendo e dicento “pancia!”, colgo l’occasione per indicare la mia e ripeterle dolcemente “Sai chi c’è qui dentro? Il tuo fratellino o la tua sorellina!”. Per un bambino dev’essere però davvero difficile intuire l’estensione temporale di un’attesa lunga 40 settimane, per cui non mi dilungo affatto in spiegazioni di alcun genere: intanto però la primogenita comincia a sentire che resterà la “prima e unica” per pochi mesi ancora.

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